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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

venerdì 8 aprile 2011

19. La parola che salva

«In principio era il Verbo [=la Parola] e il Verbo [la Parola] era presso Dio e il Verbo [la Parola] era Dio» (Giovanni 1,1). Sentiremo proclamare questa pagina del Vangelo di Giovanni in occasione delle celebrazioni di Natale.

L’evangelista, dopo aver affermato che la Parola di Dio esiste da sempre in quanto coincide con Dio stesso, la presenta nella sua qualità di Parola Creatrice (tutto è stato fatto per mezzo di lui v. 3) e di Parola che insegna all’uomo come comportarsi per piacere a Dio (In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini v. 4). Infine l’evangelista giunge all’affermazione più sorprendente: questa Parola (espressione perfetta di Dio) diventa un essere umano, indicato con l’espressione tipica della Bibbia per sottolinearne la debolezza, cioè “carne” (e il Verbo [la Parola] si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi v. 14).

Troviamo qui i due estremi, Dio e l’essere umano, il Creatore e la creatura, che si fondono in un’unica realtà: il Figlio di Dio che ha voluto condividere dal di dentro l’esperienza dell’umanità. Ma questa iniziativa di Dio, che assume in sé la debolezza umana, ha per scopo di comunicare all’uomo la grandezza di Dio. Chi accoglie la Parola che lo ha creato e che gli insegna come vivere, ha la possibilità di realizzarsi pienamente come essere umano ed anzi di superare questo traguardo diventando anch’egli “figlio di Dio” (A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati vv. 12-13).

Il linguaggio della Bibbia, dipendente strettamente dalle immagini e molto meno da concetti astratti,  esprime attraverso termini concreti come “generare”, “carne e sangue”, “figlio”, “nome” quello che noi indichiamo in altro modo, che ci è più congeniale ma che forse è meno ricco di significati.

La storia della salvezza
La nostra aspirazione più profonda è di essere felici, di realizzarci in modo pieno, di raggiungere un ideale che ognuno di noi coltiva nel proprio animo. Se abbiamo fede in un Dio Creatore, dobbiamo pensare che anche Lui, nel darci l’esistenza, abbia avuto per ciascuno di noi un ideale, un modello, che ci ha affidato da costruire insieme a Lui continuando la sua opera creatrice.

Il nostro dramma è dovuto al fatto che l’ideale di Dio non sempre coincide con quello che noi sogniamo. Se riusciamo a far nostro il progetto che Dio ha su di noi, possiamo contare sul suo aiuto e siamo sicuri di poterlo realizzare. Ma purtroppo sperimentiamo in noi delle spinte che vanno in direzione opposta a quella voluta da Dio.

La storia che la Bibbia ci narra è appunto il racconto di quanto Dio ha fatto per aiutare l’umanità a capire e ad accettare il piano di Dio per raggiungere la felicità. Gli studiosi danno a questo racconto il nome di “Storia della salvezza”, dove “salvezza” non significa altro che “diventare in pieno esseri umani”.

È in questa linea che la Bibbia parla di “Dio salvatore” e di un “Salvatore” inviato da Dio per essere lo strumento di questo grande progetto. Il “Salvatore” della Bibbia è lui stesso il primo “salvato”, cioè pienamente realizzato nella sua umanità in quanto ha sempre e soltanto fatto quanto Dio si aspettava da lui. Per questo motivo può essere il salvatore di quanti lo accettano come esempio e guida nelle proprie scelte di vita. Lui c’è riuscito: chi lo imita è sicuro di arrivare allo stesso traguardo, è sicuro di “salvarsi”.

Gesù: il Salvatore
Per noi cristiani questa svolta decisiva nella storia dell’umanità si è attuata con la nascita e con tutta la vicenda umana di Gesù di Nazareth. In lui noi vediamo il modello perfetto dell’umanità realizzata secondo i progetti di Dio. L’ideale che Dio aveva in mente nella creazione dell’umanità si è concretizzato in Gesù, uomo perfetto. In lui Dio si compiace perché da lui ha avuto una risposta assolutamente corrispondente a quanto si aspettava.

Ma anche noi possiamo considerarci non più come perdenti, come dei falliti nelle nostre povere esistenze. In Gesù l’umanità può presentarsi davanti a Dio a fronte alta, consapevole che “uno di noi ce l’ha fatta” ad essere come Dio ci aveva pensati. Gesù è il nostro rappresentante presso il Padre come pure è la presenza del Padre all’interno delle vicende di tutta l’umanità.

Con il battesimo Gesù ci trasforma nella sua stessa persona e se noi ci sforziamo di imitarlo nelle nostre scelte ci presenta al Padre come se fossimo lui stesso: pienamente realizzati in Lui.

Gesù è per il cristiano espressione della volontà creatrice di Dio, è colui che ci comunica la volontà del Padre celeste e ci insegna con l’esempio come attuarla, è colui che diventato uomo perfetto si mette alla testa dell’umanità salvata per presentarla a Dio.
Il “Verbo diventato carne” segna dunque il vertice di tutta la Bibbia e sintetizza in sé tutto quanto Dio ha voluto comunicarci perché potessimo essere noi stessi. Gesù Cristo, il Salvatore, è tutti noi perché possiamo diventare come Lui “figli di Dio”.

Se avete avuto la pazienza di seguire queste riflessioni (piuttosto difficili, lo ammetto) penso che vi sarete accorti come il Vangelo non stia in piedi da solo se non è fondato sull’Antico Testamento. Non si può capire nulla della persona di Gesù se la si separa dalla sua radice naturale: il popolo ebraico da cui proviene e di cui ha condiviso la fede.

Giovanni Boggio (Biblista)

 


LA PAROLA DIVENNE CARNE

[1] Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, [2] in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. [3] Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli, [4] ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato (Dalla lettera agli Ebrei, 1-4).

[14] Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe … [16] Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. [17] Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. [18] Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova (Dalla lettera agli Ebrei, 2,14.16-18).





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