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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

giovedì 19 maggio 2011

La Bibbia e la Storia

Abbiamo già visto, negli interventi precedenti, come la Bibbia contenga molti racconti di avvenimenti legati alla storia, anche se il modo di narrare questi fatti è molto diverso da quello che usiamo noi. La differenza più notevole può essere indicata nel fatto che noi ci preoccupiamo di collegare gli eventi tra di loro con rapporti di causa ed effetto dovuti all’iniziativa degli uomini (e ci fermiamo lì), mentre invece gli autori della Bibbia vogliono far capire che la storia umana è guidata dal loro Dio dal quale dipende totalmente.

Questa prospettiva diversa condiziona in modo evidente il giudizio sugli avvenimenti e il modo di riferirli. Ma dalla diversità della forma narrativa non si può ricavare nulla sulla aderenza o meno dei fatti raccontati con la realtà storica. Comunque è evidente che gli autori della Bibbia avevano un’idea abbastanza precisa sulla successione degli avvenimenti che riguardavano il loro popolo e il rapporto con gli altri. Che poi si mettessero al centro della storia e facessero ruotare tutti gli altri attorno a sé è abbastanza normale. Lo facevano tutti gli scrittori antichi, a qualsiasi popolo appartenessero. Poco importa che nella storia raccontata dalle cronache egiziane, assire, babilonesi o persiane al popolo di Israele siano riservati solo degli accenni occasionali e marginali. Sarebbe strano che non fosse così.

Nella realtà Israele era un piccolo popolo e non una grande potenza, abitava un territorio molto limitato e piuttosto difficile da coltivare (anche la “terra dove scorre latte e miele” va intesa in prospettiva religiosa, non geografica!), considerato importante (dal punto di vista puramente umano) solo per la sua posizione geografica poiché costituiva l’unico corridoio di passaggio per le carovane e gli eserciti che dall’Egitto andavano in Mesopotamia e viceversa.

Tuttavia la Bibbia narra una sua storia che si inserisce in quella degli altri popoli con i quali ha avuto molteplici contatti di alleanze o di ostilità. Per noi è utile conoscere almeno nelle grandi linee come si è sviluppata questa serie di vicende umane nelle quali la nostra fede ci dice che si è manifestato un intervento straordinario di Dio che coinvolge anche noi.

Le origini del popolo ebraico: i Patriarchi (1850-1700 a.C.)
Sono chiamati “Patriarchi” Abramo, Isacco e Giacobbe (soprannominato Israele). Le vicende delle loro famiglie sono comunemente ambientate tra la Mesopotamia e l’Egitto in un periodo che va dal 1850 a.C. fino al 1700 a.C. Siamo lontanissimi dalle origini del mondo e dell’umanità narrate nel libro della Genesi. Questa semplice considerazione ci aiuta a capire meglio le descrizioni sulla creazione del mondo, nelle quali gli uomini parlano già “ebraico”, lingua piuttosto recente nella storia dell’umanità!

Permanenza in Egitto e fuga (Esodo: 1200 a.C.)
La Bibbia non ci dice nulla su un periodo molto lungo durante il quale gli Ebrei vivono in Egitto. Presenta solo gli avvenimenti degli ultimi decenni della loro permanenza, caratterizzata da lavori forzati imposti da un faraone. Mosè si mette alla guida degli Ebrei e li accompagna verso la regione di Canaan, la “Terra promessa” da Dio ad Abramo ed abitata da molte popolazioni di etnìe diverse.

Occupazione della terra promessa (1200-1050 a.C.)
Sotto la guida di Giosuè gli Ebrei, che provengono da Est, incominciano a stabilirsi, divisi per tribù, tra le popolazioni locali. A volte sono accolti bene, spesso sono respinti e devono combattere con sorti alterne. È il periodo cosiddetto dei Giudici, capi militari e amministrativi per periodi limitati. Nello stesso periodo si verifica un’invasione da Ovest: sono i Popoli del mare che provengono dalle isole egee e che conosciamo con il nome di Filistei. Questi occupano la zona costiera (combattendo per conquistare il territorio), mentre gli Ebrei si stabiliscono sulla zona montagnosa.

Periodo della monarchia (1050-586 a.C.)
Per contrastare il predominio dei Filistei, gli Ebrei (che vivevano ancora divisi in tribù autonome) scelgono un governo monarchico unitario. Primo re è Saul. Gli succede Davide e quindi suo figlio Salomone. Alla morte di questo il regno si divide. Al nord si chiama Regno di Israele e al sud Regno di Giuda. I due regni hanno vita indipendente e a volte si combattono tra di loro. Nel 722 il Regno di Israele è conquistato dagli Assiri e diventa una provincia del grande impero. Sopravvive il Regno di Giuda che ha sempre come capitale Gerusalemme e dove i re appartengono (per via diretta o indiretta) alla dinastia iniziata da Davide. Intanto sulla scena internazionale all’Assiria è subentrato l’impero Neo-Babilonese il cui imperatore Nabucodonosor conquista Gerusalemme una prima volta nel 597 e poi nel 586 quando la distrugge completamente. Altri Ebrei vengono deportati a Babilonia. Inizia nel 597 il grande esilio babilonese, che avrà termine con l’Editto di Ciro nel 539 a.C.

Esilio a Babilonia (597-539 a.C.)
L’esilio poteva causare la fine del popolo ebraico. Ciò non avvenne per una serie di cause imprevedibili che hanno permesso agli Ebrei di interpretarle come un intervento prodigioso del Dio nazionale a favore del suo popolo. L’esilio diventa così un periodo fecondo di riflessione nel quale gli Ebrei riscoprono la fede più genuina e si confermano nel monoteismo assoluto. Artefici di queste riflessioni sono due profeti vissuti in esilio: Ezechiele e un profeta anonimo i cui interventi fanno parte del libro di Isaia.

Ritorno dall’esilio e ricostruzione (539-400 a.C.)
Ritornati dall’esilio gli Ebrei devono affrontare la difficile ricostruzione. Non si trattava solo dei muri ma soprattutto della convivenza con le popolazioni che avevano occupato il territorio abbandonato dagli esuli e della ricostituzione della vita religiosa, sociale e politica. Le regioni della Giudea e della Samaria (ex regno di Israele) erano diventate una provincia dell’impero persiano. Da questo momento gli Ebrei non avrebbero più goduto l’indipendenza politica, ma sarebbero passati dall’impero persiano a quello macedone sotto Alessandro Magno, a quello dei diversi re succeduti ad Alessandro e infine al dominio di Roma.

Dal punto di vista religioso questi decenni furono molto fecondi. Le fede ritrovata e rinforzata dagli avvenimenti storici venne garantita attraverso la raccolta di tutte le tradizioni antiche, orali o scritte. Si venne costituendo un insieme di libri che avevano il compito di affidare alle generazioni future un patrimonio religioso sicuro, garantito dalla scrittura ad opera di ricercatori specialisti. Nacque così il nucleo centrale della raccolta di scritti che è giunta a noi con il nome di Bibbia e che comprende quello che noi oggi chiamiamo Antico Testamento.

Ultimi secoli prima di Gesù (400-4a.C.)
I secoli successivi sono molto complessi dal punto di vista storico. Merita un ricordo il periodo in cui la Palestina fu governata da Antioco IV, per la persecuzione scatenata dal re contro gli Ebrei che non volevano rinunciare alla propria fede (167 a.C.). È il periodo della rivolta armata da parte dei Maccabei e che diede origine alla dinastia degli Asmonei. Quando nacque Gesù la Palestina era una provincia dell’impero romano. Gli avvenimenti successivi si fondono con le vicende del cristianesimo e della Chiesa primitiva.

Giovanni Boggio (Biblista)

4 commenti:

  1. domanda: mi sembra che, poiche' i libri dell'A.T. sono scritti dopo secoli di tradizione orale, quindi molto posteriori agli avvenimenti narrati, spesso questi avvenimenti vengono raccontati in una versione quasi giustificativa di cio' che poi e' avvenuto realmente. E' corretto? E', cioe', possibile che molti avvenimenti vengano narrati in modo da far capire e giustificare l'azione di Dio sulla storia? Ed e' sempre cosi' o solo per alcuni libri?

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  2. A CARLO
    Nessun libro antico è stato scritto "in presa diretta". Il tempo intercorso tra gli avvenimenti narrati e il momento in cui sono stati trasferiti negli scritti ha permesso di far emergere i più importanti e di capire quelli che avevano effettivamente importanza per la vita del popolo. In questo modo sono entrati a far parte della storia solo i fatti e i personaggi più significativi, lasciando cadere tanti elementi marginali, almeno dal punto di vista degli scrittori. Questo principio è valido per tutta la Bibbia, ma ciò non intacca la sua credibilità che deve essere valutata in base ad altri criteri. Naturalmente il nostro modo di raccontare la storia è molto diverso da quello degli antichi. Però se voglio capire quello che hanno scritto devo fare lo sforzo di mettermi dal loro punto di vista e rinunciare, se necessario, a soddisfare le mie curiosità.

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  3. Don Giovanni, durante l'ora di religione un'alunna ha evidenziato la differenza di presentazione dello stesso avvenimento in due passi diversi della Bibbia. Si tratta del secondo libro di Samuele (24,1) e del primo libro delle Cronache (21,1). Nel primo caso si dice che è Dio stesso a tentare Davide, mentre nel secondo caso la tentazione è attribuita a satana. Come spiegare la differenza? C'è contraddizione? Quali criteri bisogna seguire per capire il senso delle due affermazioni?

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  4. Beatrice, prima di tutto grazie per la domanda e complimenti all’alunna per l’interesse e l’attenzione verso la Bibbia. Cerco di rispondere brevemente, collegandomi a quanto ho già scritto nell’articolo commentato. 1) Prima di tutto bisogna tener presente che gli antichi si interessavano soprattutto al significato dei fatti narrati più che ai fatti in se stessi. 2) Nel descrivere i fatti seguivano i gusti, la mentalità e la sensibilità propri del loro tempo. 3) Lo stesso avvenimento narrato in tempi diversi poteva essere presentato in forme diverse pur mantenendo sempre lo stesso significato. 4) È il nostro caso. I libri delle Cronache sono stati composti dopo quelli di Samuele e rispecchiano una sensibilità religiosa più raffinata (nell’espressione letteraria). Nel caso specifico, l’autore di Samuele non esitava ad attribuire direttamente a Dio tutto ciò che accadeva all’uomo, sia di bene che di male (vedi 1Sam 16,14). Col passare del tempo si trovava sempre più difficile far risalire a Dio in modo diretto il male e le disgrazie dell’uomo. Ecco allora che, per salvaguardare la trascendenza di Dio, si immagina che Egli agisca per mezzo di strumenti che godono di una certa autonomia, ma sempre alle dipendenze di Dio. Così nel libro di Tobia, l’arcangelo Raffaele (significa “Dio guarisce”) opera la guarigione in modo autonomo, ma sempre in nome di Dio. In parallelo troviamo “il satana” (che significa “l’accusatore”, “il tentatore” cioè il nemico dell’uomo) che colpisce con ogni sorta di male, entro i limiti fissati da Dio (vedi il libro di Giobbe 2,1-10). Nel caso di Davide abbiamo lo stesso cambiamento di prospettiva: il censimento è visto come un atto di insubordinazione a Dio, presentato come una prova (tentazione) a cui il re non ha saputo resistere. Per finire, ricordiamo le “tentazioni” a cui Gesù è stato sottoposto dal “diavolo”, e alle quali ha dato una risposta corrispondente alla volontà di Dio. Se gli alunni ti fanno altre domande intelligenti come questa fammelo sapere e informali che possono rivolgermele personalmente sul mio blog sulla Bibbia.

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