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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

venerdì 17 marzo 2017

QUANTO PESANO LE PAROLE

        Se l’ABI – Associazione Biblisti Italiani – voleva pubblicizzare il convegno di studi sull’Antico Testamento che si svolgerà a Venezia il prossimo settembre, si deve riconoscere che ci è riuscita. È bastato comunicare il titolo del convegno per suscitare un coro di proteste da parte del mondo ebraico italiano che si è sentito coinvolto e messo sotto accusa dal tema proposto per lo studio e le
successive discussioni da parte dei biblisti che interverranno. Ma perché la semplice enunciazione di un argomento su cui si invitava a riflettere ha messo in subbuglio i nostri fratelli ebrei? La risposta è semplice e può sembrare anche banale. Il tema del convegno era stato presentato con parole non appropriate, o meglio, non opportune. Forse potevano anche essere giustificate con qualche riserva e sottigliezza interpretativa, ma l’impressione che suscitavano alla prima lettura era decisamente contraria alle intenzioni che mi auguro avessero gli organizzatori del convegno.

“Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria” era il tema del convegno che figurava nel dépliant spedito ai soci dell’associazione e che si poteva leggere anche nel sito dell’ABI. Quattro parole sono state percepite dai lettori ebrei come offensive nei loro confronti, a partire da quel “Israele” messo in evidenza senza alcuna precisazione, cosa che poteva indurre ad identificare tutti gli ebrei di ogni epoca con i seguaci di una religione definita “elitaria”, cioè esclusiva e ritenuta superiore ad ogni altra. C’era poi quel “geloso” attribuito a Dio, che faceva pensare ad un sentimento meschino, egoistico, contrario all’immagine di Dio a cui siamo stati abituati. Infine l’”ambiguità” abbinata alle coerenze consolidava il pregiudizio diffuso di un comportamento subdolo attribuito agli ebrei per coprire le loro trame nascoste ed arrivare così al dominio del mondo.
Inoltre la generalizzazione del termine “Israele” faceva pensare allo stato che porta quel nome con tutte le conseguenze politiche legate ai conflitti di questi ultimi decenni. Ancora, l’espressione “Dio geloso” che è tipica della Bibbia, sparata lì con noncuranza, poteva destare non solo meraviglia ma addirittura il rifiuto della stessa Bibbia, o almeno di quello che noi cristiani indichiamo come Antico Testamento. In realtà l’ambiguità denunciata riguardava piuttosto il titolo dato al convegno che poteva essere facilmente interpretato in chiave per lo meno antisionista se non antisemitica.

Il Presidente dell’ABI non è Ponzio Pilato
Come si vede, ce n’era abbastanza anche per temere un risveglio di quell’antisemitismo che continua a serpeggiare in certi ambienti occidentali e che si manifesta violento in quelli medio orientali. Come biblista socio dell’ABI sono sicuro che gli organizzatori del convegno di settembre non intendevano offendere nessuno e lo hanno dimostrato subito con un’operazione semplicissima: rendere evidente per tutti che cosa volevano raggiungere con i loro studi. Da bravi biblisti, si sono ricordati delle parole che Pilato ha rivolto ai capi dei sacerdoti ebrei che protestavano per la scritta che aveva fatto affiggere sulla croce di Gesù, rifiutando di modificarla: “Quello che ho scritto, rimane scritto”, e non hanno voluto imitarlo.

E così, sono corsi ai ripari modificando il titolo incriminato rendendolo più comprensibile anche ai non addetti ai lavori e dando ragione delle loro scelte. Ecco allora il nuovo titolo, che dice le stesse cose del primo ma in modo diverso. “Popolo di un «Dio geloso» (cf. Es 34,14): coerenze e ambivalenze della religione dell’antico Israele”. Le virgolette al “Dio geloso”, indicano che si tratta della citazione di un testo che si trova nel libro dell’Esodo al capitolo 34 nel versetto 14 e anche in altri libri della Bibbia, come suggerisce il “cf.” che invita a “confrontare”. Le ambiguità sono state sostituite dalle “ambivalenze”, termine che si può applicare senza difficoltà a tante altre affermazioni della Bibbia. L’aggettivo “antico” applicato ad Israele evita di identificarlo non solo con lo stato omonimo attuale con tutti i risvolti politici annessi ma anche con tutti gli ebrei sparsi nel mondo. Infine la precisazione che si tratta della religione e non di una ideologia sgombra il campo da ogni altra interpretazione.
Non si è trattato di un make up di comodo per nascondere qualcosa ma della scelta delle parole giuste per comunicare in modo corretto le proprie idee, cosa che non era avvenuta nella prima formulazione del tema. Potrà forse sembrare un episodio insignificante, un refuso un po’ esteso. In realtà ha messo in grande evidenza il valore e l’importanza delle parole che possono pesare come macigni e produrre effetti disastrosi se usate in modo indebito. I biblisti dovrebbero saperlo visto che il loro mestiere è capire e spiegare la “Parola” di Dio presente nella Bibbia che attribuisce al cattivo uso delle parole umane le divisioni tra i popoli originate ai piedi della torre di Babele (Genesi 11,1-9).

Morire per due spighe o per quattro ceci…
La Bibbia attribuisce alle parole la capacità di produrre le realtà che indicano, quando sono dette da Dio: “Vi sia luce! E vi fu luce!” (Genesi 1,3) o anche quando appaiono scritte in modo misterioso per preannunciare la fine dell’impero babilonese (Daniele capitolo 5). Addirittura la pronuncia difettosa di una parola poteva causare la morte dell’incauto, rivelando la sua appartenenza alla tribù nemica. La parola così devastante è “scibbolet” (in ebraico significa “spiga”) che se veniva pronunciata “sibbolet” (secondo l’uso di una tribù) denunciava in modo indiscutibile l’origine del malcapitato. Secondo il racconto popolare riportato dalla Bibbia, furono quarantadue mila le vittime cadute nella trappola linguistica (Giudici 12,1,7).
"Per un punto Martin perse
la cappa..." e se
avesse sbagliato tutta
la frase?
Una vicenda analoga è raccontata anche a proposito dei cosiddetti “Vespri siciliani” quando l’identificazione dei francesi da massacrare avvenne attraverso la pronuncia della parola “ceci” storpiata in modo incorreggibile dalla lingua d’oltralpe.
È risaputo che nella Bibbia i nomi delle persone non sono considerati semplici etichette ma esprimono la qualità di chi lo porta e la sua funzione nella società. Questa convinzione ha avuto come conseguenza l’uso di sostituire con il termine “Signore” quello che era considerato il nome di Dio, per evitare di profanare la sua stessa persona. Anche per noi cristiani il nome è importante quando si tratta di quello dato a Gesù che, pronunciato in ebraico significa “Salvatore” (cf. Matteo 1,21), riferimento che si è perso nelle nostre traduzioni.
L’autore dell’Apocalisse arriva a promettere l’ingresso nella città celeste, che sarà chiamata con un “nome nuovo”, a quelli che a loro volta avranno ricevuto un “nome nuovo” che nessuno conoscerà tranne l’interessato. Potremmo parlare di “password” per il paradiso?
Ci sarebbe materiale abbondantissimo nella Bibbia per presentare il tesoro prezioso costituito dalle parole che a volte usiamo con tanta indifferenza e superficialità. Il titolo del convegno organizzato dall’ABI ha dimostrato quanto siano pesanti le nostre parole.

PS. Avevo concluso questo post quando ho avuto in mano il numero del quotidiano “Avvenire” di oggi 17 marzo che a pag. 22 pubblica l’intervista al presidente dell’ABI. Ho visto con soddisfazione la conferma della stima e solidarietà verso i fratelli ebrei ma non ho trovato la spiegazione del perché è stato corretto vistosamente il titolo e la presentazione del convegno.

14 commenti:

  1. Pensi un po’ che cosa succederebbe se venisse organizzato e pubblicizzato un convegno su un Dio (quello dell’Antico Testamento) non solo geloso, ma anche iroso vendicativo e partigiano!
    Rispetto e amo Gesù e i Vangeli, non altrettanto Yahwèh e l’Antico Testamento
    Mi pare che Lei si dedichi più alla filologia e alla poetica che alla religiosità dell’Antico Testamento. E mi permetto di dire che fa bene perché ritengo che sia ora di considerare la Bibbia per quello che è etimologicamente e sostanzialmente, cioè un insieme di libri dove si trova di tutto: storia, religione, poesia e … mitologia.

    P.S.: Accolgo il rilievo che Lei mi ha fatto qualche tempo fa e scrivo “Antico Testamento” invece di “Vecchio”, ma ho trovato molto spesso anche la seconda dizione che non mi pare errata, forse meno rispettosa.
    Agostino G.

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    1. La sensibilità dei biblisti si è spinta anche oltre e oggi si sente parlare sempre più spesso di "Primo e Secondo Testamento", dizione assolutamente corretta e oggettiva. Il suo rilievo riguardante le mie attenzioni agli aspetti filologici e letterari è giusto ma il mio interesse è di cercare di capire il vero significato da dare alle parole che intendono comunicare un messaggio religioso. Non è possibile comprenderlo se non si conosce bene il valore che avevano le parole quando vennero pronunciate la prima volta e poi scritte e ricopiate centinaia di volte. Sembra un lavoro da archeologi ma in realtà è mirato a capire qualcosa di più della vita di oggi. E nella Bibbia c'è davvero di tutto, come scrive lei, ma bisogna riconoscerlo, apprezzarlo e amarlo, senza paure e senza pregiudizi né buonisti né denigratori. Sarebbe mio desiderio riuscire a leggere quelle pagine straordinarie senza paraocchi e sarei contento se riuscissi a fare altrettanto con qualche mio lettore. Mi sembra che lei sia sulla strada giusta per arrivare a farlo... Grazie

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  2. Caro padre Giovanni, la spiegazione del perché sia stato corretto il titolo è ovvia: cercare di porre rimedio all'equivoco che si è creato con i nostri fratelli ebrei che, purtroppo, continuano a sentirsi attaccati anche da chi invece vuole il dialogo con loro. Loro sí che sono attentissimi alle parole... Ma come dargli torto dopo quello che hanno vissuto nella storia di tutti i tempi... Purtroppo, da questo episodio è emerso quanto sia fragile il rapporto tra noi e loro, quanto poco basti per rischiare di interrompere un dialogo così faticosamente ricercato... Confidiamo sempre che Dio illumini le nostre menti e i nostri cuori e ci renda tutti più tolleranti e meno diffidenti...

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    1. Paola, è vero quello che scrivi sulle difficoltà che rendono fragile il filo che ci lega ai nostri fratelli ebrei. Se andiamo alla caccia delle responsabilità del passato non la finiremmo mai. Ci vorrebbe più coraggio per guardarci negli occhi ora, considerandoci per quello che vogliamo essere senza lasciarci condizionare da quanto hanno fatto gli altri prima di noi. La Bibbia ci insegna che il passato grava sulle nostre spalle, ma che è anche possibile scrollarcelo di dosso. Io mi sforzo di farlo, molti altri lo stanno facendo e questo apre l'animo alla speranza che pervade tutta la Bibbia con quel bellissimo termine che è TIQWAH.

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  3. Il signor Agostino ha scritto che ama Gesù e i Vangeli ma non Jahwe e l'Antico Testamento. Scusi se mi permetto di far notare che Gesù era ebreo, adorava Jahwe, di cui è figlio, e seguiva gli insegnamenti della Torà, cioè di quello che noi chiamiamo Antico Testamento. Credo che se non è chiaro questo fatto, non si possa capire né il messaggio di Gesù, né quello dei Vangeli.

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    1. Ma lei, signora Paola, ha letto l'Antico Testamento? E soprattutto l'ha letto con spirito critico (intendo:razionale)?

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    2. Caro Signor Agostino, le posso assicurare che la Signora Paola ha studiato l'Antico Testamento con metodo "scientifico", conoscendo anche, tra l'altro, la lingua ebraica. Il rilievo fatto è del tutto esatto e lo condivido.

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  4. Paola, ti ringrazio per aver sottolineato un'affermazione inaccettabile alla quale intendevo rispondere più a lungo. La contrapposizione tra Antico e Nuovo Testamento porta inevitabilmente a rifiutare YHWH come Dio, dimenticando proprio quello che dice Gesù a proposito del suo Padre che è nei cieli, come ci ha insegnato. Purtroppo c'è una confusione molto diffusa su questo tema come anche su altri riguardanti la Bibbia che continua sempre ad essere la grande sconosciuta, nonostante si ripeta che è il libro più letto. Sarà anche vero, ma certo non è il più conosciuto né il più amato. Ci sono troppi pregiudizi al riguardo e non è facile superarli.

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    1. Ci sono libri che tutti citano e dicono di conoscere: la 'Recherche' di Proust, la Costituzione della Repubblica Italiana, la 'Divina Commedia'... ma soprattutto la 'Bibbia'. Chieda, chieda come ho fatto io tante volte, ma non si accontenti di un generico 'sì', e soprattutto non si limiti ai suoi fedeli. Il mondo cattolico è grande e quello cristiano lo è di più. Ha ragione lei, Padre, a dire che la Bibbia non è un libro conosciuto. Invece è molto amato, ma con un amore superficiale, talvolta artificioso, spesso finto. E' facile amare ciò che non si conosce o si conosce solo in quel che fa comodo. Chiedo scusa per la sincerità che può essere sgradita.

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    2. Caro Signor Agostino, non deve chiedere scusa a me che desidero la sincerità e la chiarezza nei rapporti personali. Proprio per questo le rispondo con altrettanta franchezza che non limito le mie frequentazioni alle pecorelle del mio gregge ma cerco di sentire anche i belati provenienti da altri greggi che si cibano ad altre pasture. Ho collaborato per lunghi anni, quando ero in attività, con ambienti protestanti per tradurre la Bibbia (Antico Testamento), ho avuto amicizie con Ebrei, ho vissuto e ho studiato in Israele e quindi penso di conoscere abbastanza i temi che continuano ad interessarmi. Le dico questo per rassicurarla che non parlo a vanvera ma a ragion veduta. E' per questo che chiedo prima di tutto a me e, se mi permette anche a lei e a chiunque, se per caso anche noi siamo tra quelli che leggono della Bibbia solo quello che fa comodo, che corrisponde alle nostre idee invece di accettare un confronto con posizioni diverse. Penso che una lettura seria delle pagine bibliche deve rispettarle tutte e non scegliere solo quelle che piacciono. Chiediamoci il perché ci sono, ma non rifiutiamole per partito preso. Io ho sempre cercato di farlo. Non so se ci sono sempre riuscito, ma era questa la mia intenzione e lo è ancora. Continui ad interessarsi della Bibbia "intera" e non se ne pentirà.

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  5. Caro p. Boggio (sempre così prezioso nella sua sapienza che ci mette a disposizione), ho letto il commento del sig. Agostino alla sua riflessione... forse sbaglio io, ma è la prima volta che sento dire che la Chiesa consigli di non leggere i libri dell'Antico Testamento... a quanto ne so io, la Rivelazione di Dio nella storia dell'umanità è un percorsero d'Amore che parte proprio dalle fondamenta, dalla creazione stessa del mondo, e la Bibbia, vecchio e nuovo testamento, ne "testimonia" il grande amore, la fedeltà e l'insegnamento di pace feconda tra tutti gli uomini voluta dal suo Creatore. Nella Bibbia, a partire dalla Genesi, è anche chiaramente descritto quanto sia l'umanità stessa, con la sua cecità e ottusità, a porre ostacoli a tutto questo. Nonostante tutto, i Profeti e il compimento delle profezie, con Gesú Cristo, hanno annunciato la Salvezza per tutti gli uomini nella grande Misericordia di un Dio che sa trasformare in vita anche ciò che é divenuto tanto arido da sembrare morto, tanto da far diventare un messaggio vivo ed eterno (valido ogni giorno del nostro oggi) quella pace e quell'amore necessari a fare comunione tra gli uomini e quindi con Dio.
    Non si trovano in un salmo dell'A.T. queste frasi:
    "Pace fra cielo e terra
    Pace fra tutti i popoli
    Pace nei nostri cuori"...?
    La auguro a tutti noi.

    Sabrina.

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    1. Appunto, signora Sabrina, nell'Antico Testamento non si trovano, se non raramente parole di pace. C'è invece la storia mitica e autoincensante di un popolo che si credeva e si crede ancora 'il prediletto'. Il Nuovo Testamento (soprattutto i Vangeli) è ben altra cosa, e questo io ammiro e amo. Legga la Bibbia con un pizzico di spirito critico.

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    2. Che nell'Antico Testamento si trovino "raramente parole di pace" è un'affermazione assolutamente gratuita e preconcetta, che si può smentire facilmente. Non posso in una risposta rapida citare i testi numerosi che presentano la pace come l'ideale proposto da Dio all'uomo. Ciò non vuol dire che non ci siano incitazioni alla violenza e descrizioni cruente di massacri e stragi di nemici. Non è questo però l'insegnamento che ci offre l'Antico Testamento oltre, naturalmente, il Vangelo. Se facciamo una lettura selettiva della Bibbia possiamo ricavarne tutto e il contrario di tutto. Ma non diciamo che è l'insegnamento che ci dà la Bibbia, per favore!

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  6. Sabrina, quanti commenti suggerisce il suo commento! Parto dal primo: se cerca nei post precedenti troverà che nel passato la chiesa ha vietato la lettura di tutta la Bibbia ritenendola troppo difficile da capire dalla gente comune. Oggi siamo convinti che sì, la Bibbia è difficile, e proprio per questo deve essere spiegata per capire quello che vuole dire, anche se non coincide con i nostri desideri. Il secondo commento che mi suggerisce è sulla presentazione idealizzata del messaggio di pace lanciato dalla Bibbia. E' assolutamente il messaggio centrale dei testi biblici ma è mescolato continuamente con descrizioni che sembrano invitare alla guerra e alla violenza. E' vero che questi aspetti sono dovuti alla volontà dell'uomo, ma la Bibbia a volte li presenta come voluti da Dio stesso. Questo è l'aspetto che crea difficoltà a tante persone e le induce a contrapporre l'Antico al Nuovo Testamento, cosa evidentemente inesatta. Ma ho intenzione di affrontare questo tema in un prossimo post. Spero di aver chiarito perché ho scelto l'etichetta "Bibbia senza pregiudizi" siano essi negativi o elogiativi, come nel suo caso.

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