“GUAI A VOI”
“Il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto”. È un’affermazione che si trova nel libro della
Sapienza (6,5) e che riassume le valutazioni di molte pagine bibliche sugli
uomini che esercitano il potere. Nella Bibbia sono indicati con diversi nomi,
giudici, re, faraoni, satrapi, governatori o imperatori non cambia molto perché
hanno tutti un denominatore comune: l’uso dell’autorità a vantaggio personale.
Non fanno eccezione i capi religiosi né tantomeno coloro che hanno accumulato
ricchezze. Come su ogni tema, nella Bibbia si trovano anche valutazioni
positive che idealizzano alcuni personaggi, ma sono casi rari e a volte anche
discutibili, come avviene per il grande re Salomone (Siracide 47,12-23).
È emblematico il racconto del cambiamento
istituzionale richiesto dal popolo di Israele con il passaggio dal governo dei
Giudici alla monarchia. Non si trattava soltanto di cambiare il titolo di chi
comandava prendendolo dai nemici Filistei, ma di attribuire al re un potere
assoluto che gli oppositori sostenevano che appartenesse soltanto a Dio. La narrazione del capitolo 8 del primo libro
di Samuele meriterebbe un commento a parte. Samuele, sacerdote e giudice, aveva
lasciato la carica di giudici ai suoi due figli che “però non camminavano sulle sue orme, perché deviavano verso il lucro,
accettavano regali e sovvertivano il giudizio” (1 Samuele 8,3). La richiesta di essere governati da un re in
sostituzione dei giudici è interpretata come una ribellione contro Dio: “hanno rigettato me, perché io non regni più
su di essi” (8,7).
Le conseguenze
prospettate sono drammatiche per il popolo costretto a lavorare per mantenere
la vita agiata del re, dei suoi funzionari e della pletora di burocrati al
servizio del regno (8,9-22). Mi limito a sottolineare l’insistenza del
narratore nel dire “quello che è vostro diventerà suo” come avveniva in una
società che pagava le tasse non con moneta ma con beni materiali e con
prestazioni personali a titolo gratuito.
L’esigenza di
avere comunque una guida per organizzare la vita sociale portava ad accettare
la nuova situazione di compromesso affidandola alla protezione del Dio
nazionale. La tensione tra una realtà difettosa e un ideale sognato si riscontra
nella presentazione dei vari re. Sono pochi quelli a cui è dato un voto
sufficiente in una classifica che ha come elemento di confronto il re Davide,
lui stesso fortemente idealizzato in vista di un suo futuro discendente che
realizzi in pieno le aspettative di Dio e del popolo. Sarà il Messia a dare una
risposta adeguata al desiderio di giustizia e di pace. Per i cristiani è stato
Gesù di Nazareth l’interprete autentico del progetto di Dio, mentre gli ebrei
vivono ancora nell’attesa di una risposta.
“Morirete
come ogni uomo”
Che il potere
dia alla testa e faccia credere a chi lo esercita di essere superiore a tutti e
a tutto comunicando la convinzione di essere onnipotente, è opinione comune,
trasformata in comportamenti arroganti da chi comanda. Sembra essere questa la
situazione denunciata nel Salmo 82 che ai governanti di qualsiasi popolo,
illusi di essere delle divinità immortali, toglie la maschera senza alcuna
pietà: “morirete come ogni uomo, cadrete
come tutti i potenti” (82,7). Dopo l’accusa generica di favorire i
delinquenti (82,2) il Salmo propone un programma di buon governo. “Difendete il debole e l’orfano, al misero e
al povero fate giustizia. Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla
mano degli empi” (82,3-4). Tutti i verbi sono all’imperativo e descrivono
quello che ogni governante dovrebbe fare.
Il primo libro
dei Re al capitolo 12 riporta l’episodio forse più drammatico della storia politica
di Israele, cioè la divisione del regno in due stati nemici, il Regno di
Samaria al Nord e il Regno di Giuda al Sud. La scintilla che ha scatenato la
tragedia è stata, secondo il racconto biblico, l’arroganza del figlio di
Salomone che doveva succedere al padre. Certamente vi erano motivi profondi di
disagio che rendevano precaria la situazione, ma tutto poteva avere una
soluzione positiva se non ci fosse stata l’inettitudine di Roboamo e di tutto
l’ambiente della corte di Gerusalemme. Anche questo episodio meriterebbe un
commento più ampio, non possibile in questa sede. Per il nostro scopo sarà
sufficiente la semplice lettura di tutto il racconto.
Ma può essere
utile e interessante leggere le affermazioni attribuite al figlio di Salomone,
istigato dai giovani suoi coetanei “educati” – si fa per dire – con lui a
corte. Agli Israeliti che abitavano al Nord e che chiedevano una riduzione
delle pesanti tasse imposte da Salomone, Roboamo rispose: “Mio padre vi ha imposto un giogo pesante; io renderò ancora più grave
il vostro giogo. Mio padre vi ha castigati con fruste, io vi castigherò con
flagelli” (1 Re 12,14). A queste
parole scoppiò la rivolta delle tribù interessate che portò alla divisione del
regno. Con un nuovo atto di arroganza il re mandò a sedare i disordini il capo
della polizia che era l’uomo meno adatto essendo il sovrintendente ai lavori
forzati imposti agli Israeliti del Nord ora diventati ribelli. Il servo del
potere morì lapidato dalla folla mentre il re scappò a rifugiarsi nella sua
reggia. “Fece ciò che è male agli occhi
del Signore” (1 Re 14,22) è il
giudizio severo che verrà ripetuto spesso sia per i re di Giuda che per quelli
del Regno del Nord.
Anche se comandano le donne…
I racconti
biblici riguardanti i re riferiscono di intrighi, congiure sanguinose, massacri
compiuti per accedere al potere. In queste lotte sanguinose troviamo anche una
donna di nome Atalia che, dopo aver ordinato l’uccisione dei rivali, regnò in
Gerusalemme per sette anni prima di venire a sua volta uccisa in una congiura
guidata da un sacerdote del tempio. La vicenda non è entrata nei racconti
popolari della nostra cultura biblica e forse qualcuno sarà stupito per questa presenza
femminile inaspettata.
Ma il racconto
è interessante anche per il seguito immediato che presenta un caso di lavori
per il restauro del tempio, appaltati e finanziati regolarmente e mai eseguiti.
Il capitolo 12 del secondo libro dei Re è così fitto di particolari descrittivi
da sembrare un resoconto fiscale dove si intrecciano la raccolta di offerte per
il tempio, l’affidamento dell’appalto dei lavori, i lunghi anni passati senza
fare nulla (ma con i soldi intascati!), l’esclusione dei primi impresari e la
gestione diretta dell’impresa da parte del giovane re, Ioas (2 Re 12,1-17). Il quale re finisce poi
per consegnare tutte le offerte raccolte ad un re straniero per convincerlo a
togliere l’assedio a Gerusalemme (2 Re
12,18-19). Questa decisione salvò la città ma non la vita del re, ucciso in una
congiura dei suoi ufficiali (12,20-22). Ci sarebbe materiale abbondante per un
film di azione!
Atalia non è
l’unica donna nella Bibbia ad interpretare l’arroganza del potere fino a
giungere all’assassinio. Si racconta anche della regina Gezabele, moglie di
Acab re nel regno del Nord venuto in contrasto con un suo suddito per il
possesso di una vigna. Il re vive in modo drammatico la vicenda e viene
umiliato dalla regina che lo accusa di essere un incapace e un imbelle.
Gezabele gestisce personalmente il caso commettendo una serie di reati: prende
decisioni al posto del re, abusa del potere, falsifica i documenti, li
autentica con il sigillo reale, ordina di istruire un processo che dovrà
concludersi con la condanna a morte già decisa dalla regina per eliminare
l’innocente che aveva osato contrapporsi al re (1 Re 21,1-16). Il racconto non si conclude con la descrizione del
delitto ma continua con il nuovo processo intentato dal profeta Elia a nome di
Dio contro Acab e Gezabele e con la condanna a morte dei due colpevoli (1 Re 21,17-26; 2 Re 9,10).
Potere ed edilizia
Nel libro del
profeta Geremia è riportata una denuncia rivolta direttamente al re Ioiakim
accusato di un comportamento che oggi definiremmo “anti sindacale” in occasione
dei lavori di sopraelevazione di un attico nella reggia. La citazione è un po’
lunga ma è troppo bella per essere mutilata. “Guai a chi costruisce la casa senza giustizia e il piano di sopra senza
equità, che fa lavorare il suo prossimo per nulla, senza dargli la paga, e
dice: ‘Mi costruirò una casa grande con spazioso piano di sopra’ e vi apre
finestre e la riveste di tavolati di cedro e la dipinge di rosso. Forse tu
agisci da re perché ostenti passione per il cedro? Forse tuo padre non mangiava
e beveva? Ma egli praticava il diritto e la giustizia e tutto andava bene. Egli
tutelava la causa del povero e del misero e tutto andava bene; questo non
significa infatti conoscermi? Oracolo del Signore. I tuoi occhi e il tuo cuore,
invece, non badano che al tuo interesse, a spargere sangue innocente, a
commettere violenza e angherie” (Geremia
22,13-17).
Garantisco che
il testo non è copiato dai quotidiani usciti in questi ultimi tempi, ma si
trova nel libro di Geremia. Bisogna anche ricordare che il padre che “mangiava
e beveva ma praticava la giustizia” è il “pio re” Giosia, ricordato altrove con
grandi lodi per la riforma religiosa di cui si era fatto promotore. Geremia,
piuttosto freddino per questo aspetto religioso che aveva ottenuto scarsi
risultati, lo loda invece per il suo impegno nel praticare la giustizia, senza
per questo dover rinunciare ad una vita normale.
Dio giudica i potenti
Potrei
continuare a sfogliare la Bibbia evidenziando altri personaggi emblematici per
l’arroganza con cui hanno esercitato il potere accompagnati sempre da dure
condanne attribuite a Dio stesso e da conseguenti tremendi castighi. L’autore
del libro della Sapienza, dal quale ho copiato le parole con cui ho aperto
questo post, aveva molto materiale a sua disposizione che lo autorizzava a
scrivere parole di fuoco contro i governanti. Mi scuso ancora per la citazione
molto lunga, ma non me la sento di toglierne nemmeno una parola. Siamo nel
capitolo 6 del libro della Sapienza, attribuito a Salomone (!).
6,1 Ascoltate dunque, o re, e cercate di comprendere;
imparate, o governanti di tutta la terra.
2 Porgete l'orecchio, voi dominatori di popoli,
che siete orgogliosi di comandare su molte nazioni.
3 Dal Signore vi fu dato il potere
e l'autorità dall'Altissimo,
egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi.
4 Pur essendo ministri del suo regno,
non avete governato rettamente
né avete osservato la legge
né vi siete comportati secondo il volere di Dio.
5 Terribile e veloce egli piomberà su di voi,
poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto.
6 Gli ultimi infatti meritano misericordia,
ma i potenti saranno vagliati con rigore.
7 Il Signore dell'universo non guarderà in faccia a nessuno,
non avrà riguardi per la grandezza,
perché egli ha creato il piccolo e il grande
e a tutti provvede in egual modo.
8 Ma sui dominatori incombe un'indagine inflessibile.
9 Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole,
perché impariate la sapienza e non cadiate in errore.
10 Chi custodisce santamente le cose sante
sarà riconosciuto santo
e quanti le avranno apprese vi troveranno una difesa.
11 Bramate, pertanto, le mie parole,
desideratele e ne sarete istruiti.
Chi scriveva questi giudizi pesanti non poteva immaginare che dopo pochi decenni a Gerusalemme ci sarebbe stato un re ambizioso, amante del lusso e di ogni piacere, senza scrupoli, sanguinario e violento di nome Erode, e che i suoi successori ne condividessero non solo il nome ma anche l’arroganza. Non poteva pensare che anche il potere religioso sarebbe stato gestito con criteri ben diversi da quelli che lui proponeva. Forse invece sperava che qualcuno continuasse il suo impegno per moralizzare la vita della classe dirigente, demolendo gli idoli tanto cari ai potenti e realizzando finalmente il sogno di un regno costruito e governato secondo la volontà di Dio.
Quando un falegname
di Nazareth, lasciati gli strumenti da lavoro incominciò ad annunciare il regno
di Dio, forse aveva presenti le figure di governanti delineate nel libro della
Sapienza se si sentiva in dovere di affermare: “I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di
esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più
grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve”
(Luca 22,25-26; Matteo 20,25-27; Marco
10,42-45).
Certamente Gesù pensava
ai rapporti tra i suoi discepoli e non a riforme istituzionali delle monarchie
o comunque dei governi dei diversi popoli per i quali comunque valeva il
principio dell’autorità come servizio pubblico e non come fonte di ricchezza
per pochi privilegiati. La condanna della ricchezza quando diventa lo scopo
della vita, l’idolo a cui si sacrifica ogni altro valore, è la costante della
predicazione di Gesù, indirizzata a tutti quelli che hanno qualche autorità non
solo politica ma anche religiosa, non solo a singole persone ma anche a classi
sociali o gruppi di potere.
L’attaccamento al denaro spingeva quelli che si ritenevano superiori agli
altri per censo, per cultura, per posizione sociale ad approfittare della
situazione a scapito della stragrande maggioranza della gente. Bastava saper
scrivere – cosa piuttosto rara in quei tempi – per vantare una serie di
privilegi che facilmente si trasformavano in veri soprusi a danno dei più
deboli e indifesi (Luca 20,45-47). Gesù
ha parole durissime contro i Farisei che erano considerati le guide del popolo
e approfittavano della loro posizione di prestigio per ottenere vantaggi
personali (Matteo 23,1-33).
Nei Vangeli, come in tutta la Bibbia, non troviamo una condanna della
ricchezza in sé stessa, che anzi è considerata una benedizione di Dio. Il
Siracide dichiara “Beato il ricco, che si
trova senza macchia e che non corre dietro all’oro. Chi è costui? Noi lo
proclameremo beato” (31,8-9a). La domanda “Chi è costui?” sottolinea la
rarità di questo comportamento che comunque viene presentato come
un’opportunità offerta all’uomo. Così anche Gesù non propone ai discepoli un
ideale ascetico con la rinuncia ai beni materiali ma li mette in guardia dal
pericolo di considerarli l’unico scopo della vita e di servirsene in modo
egoistico. Il ricco gaudente della parabola non è condannato perché organizza
banchetti sontuosi e mangia a crepapelle. “Travaglio
di insonnia, coliche e vomiti accompagnano l’uomo ingordo” è il giusto
castigo per chi è solito abbuffarsi, aveva già commentato il Siracide (31,20b).
Il ricco Epulone della parabola invece, è sepolto nell’inferno perché non aveva
prestato attenzione al mendicante che moriva di fame alla porta del suo palazzo
(Luca 16,19-31).
Un’ultima riflessione. Il potere mantiene la sua arroganza anche quando
passa nelle mani di folle inferocite che lo esercitano con violenze e crudeltà
inaudite. Poco importa se sono reazioni a soprusi subiti, reali o immaginati.
Nel libro che racconta le vicende di alcuni apostoli si legge che anche Paolo
in diverse occasioni è stato oggetto di violenza da parte di folle sobillate
contro di lui a causa della sua predicazione. “Alcuni Giudei trassero dalla loro parte la folla; essi presero Paolo a
sassate e quindi lo trascinarono fuori della città, credendolo morto” (Atti 14,19). “La folla insorse contro di loro, mentre i magistrati, fatti strappare
loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e dopo averli caricati di colpi, li
gettarono in prigione” (16,22-23a). Anche i compagni di Paolo furono
coinvolti in brutte avventure a motivo della loro predicazione: “All’udire ciò s’infiammarono d’ira e si misero
a gridare […] Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa
nel teatro, trascinando con sé Gaio e Aristarco macèdoni, compagni di viaggio
di Paolo. […] Intanto, chi gridava una cosa, chi un’altra; l’assemblea era
confusa, e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi”
(19,28-29.32).
Tutta la storia, anche al di fuori di quella narrata dalla Bibbia, è
intessuta di stragi compiute in nome della giustizia e della libertà, etichette
di comodo usate dai vincitori per dare una parvenza di legalità a quella che
spesso è solo alternanza di potere arrogante. Condannato senza mezzi termini
dalla Bibbia.
Ma per nostra fortuna la Bibbia racconta fedelmente quanto accadeva più di
2000 anni fa, mentre oggi è tutta un’altra cosa….
PS. Se qualche lettore pensa che il testo di Sapienza 6,1-11 possa interessare i nostri governanti, può inviarlo
via e-mail con una semplice operazione di copia-incolla, oppure farglielo
pervenire con altri canali tradizionali o attraverso i social network.
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