… ANCHE SE LE TROVATE IN UN’ANTIFONA
DEL BREVIARIO!
Le parole del titolo sono tratte dal
libro di Geremia e si riferiscono all’affermazione che definiva il tempio di
Gerusalemme l’unico legittimo per tutto il regno di Giuda. Il profeta non
contesta la verità dell’affermazione ma denuncia le conseguenze di comodo che
ne venivano tratte da coloro che ne approfittavano a proprio vantaggio. In
altre circostanze Geremia accusa coloro che per interesse smerciano come
“parola di Dio” quelli che sono soltanto i loro sogni (cfr. 23,14-32).
Il giudizio severo del profeta di Anatot si
potrebbe applicare anche a coloro che citano le parole della Bibbia staccate
dal loro contesto originale per adattarle a situazioni diverse e anche a quelli
che introducono nel testo biblico elementi estranei o interpretazioni
arbitrarie di particolari descrittivi. Questa abitudine è diventata frequente
ed ha contaminato in qualche caso anche ambiti che dovrebbero essere esemplari
nel modo di presentare l’insegnamento biblico, come la liturgia.
Da dove vengono i “Re Magi”?
Il pericolo maggiore di queste
manipolazioni del testo biblico è quello di attribuire alla Bibbia
affermazioni, giudizi, notizie, addirittura personaggi del tutto estranei o
inesistenti. È il caso, consolidato da una lunga tradizione, dei Re Magi di cui
si ricordano i nomi, il colore della pelle, il paese di provenienza, la stella
cometa che li guida (anticipando i nostri “navigatori”!) e altri particolari
che sanno molto di folclore natalizio ma che non hanno alcun riscontro o
giustificazione nel testo evangelico. Questi “arricchimenti” di un racconto
piuttosto scarno di particolari, sono belli, suggestivi e rispondenti al
desiderio infantile di conoscere cose nascoste. Non c’è nulla di dissacrante,
generalmente, in queste “invenzioni fantastiche” ma solo il desiderio di
rendere più comprensibile un testo considerato oscuro.
La “mela” avvelenata
Un altro caso clamoroso di falsa
interpretazione della Bibbia è la mitica “mela” identificata nel frutto
proibito da Dio ad Adamo ed Eva. Il testo biblico non ne parla affatto in
termini botanici ma è esplicito nei riferimenti ad un modo di esprimersi caratteristico
di un ambiente che chiamiamo “sapienziale”. Si trattava di persone che volevano
vivere felici e che erano convinte di aver trovato il segreto per riuscirci in
un complesso di indicazioni concrete che chiamavano “Sapienza”.
La concretezza che li guidava aveva
suggerito di paragonare questa realtà astratta ad un albero e gli insegnamenti
ai frutti che produceva. Ma, sempre per la concretezza che li animava, sapevano
dell’esistenza di piante che offrivano frutti velenosi. Ecco allora la
necessità di mettere in guardia chi voleva vivere felice dal cibarsi di frutti
che davano la morte e di nutrirsi solo di quelli che alimentavano la vita.
Evidentemente non si trattava di prescrizioni di un dietologo ma di consigli
dati da un amico convinto, per esperienza personale, che per vivere felici si
deve seguire la strada indicata da Dio e non quella che ognuno voleva tracciare
secondo i propri gusti.
L’inutile caccia al “Super Moby Dick”
Come non si doveva cercare “l’albero
della conoscenza del bene e del male” nei trattati di botanica, così non si
sarebbe dovuto consultare nessun testo di zoologia marina per trovare notizie
sul grande cetaceo che, secondo il racconto biblico, avrebbe inghiottito il
profeta Giona nel corso di una tempesta spaventosa. L’insolito boccone umano
era stato così indigesto al mostro marino che aveva finito col vomitarlo vivo e
vegeto dopo averlo tenuto nello stomaco per tre giorni e tre notti.
Tutto il libro che contiene questo
racconto è pieno di particolari tanto inverosimili da suggerire almeno il
sospetto che chi l’ha scritto volesse comunicare ai suoi lettori qualcosa di
diverso da quella che poteva apparire come la cronaca fedele di un fatto
realmente accaduto con le modalità descritte. Eppure, generazioni di studiosi
hanno compiuto ricerche accurate per ritrovare i resti fossili del cetaceo
avallando così, anche senza volerlo, l’idea che la Bibbia è falsa perché
contiene dei racconti inventati per far addormentare i bambini irrequieti, come
facevano i nostri nonni quando non c’era ancora la televisione.
La Bibbia è piena di bufale?
A questo punto è doveroso chiederci
se non dobbiamo credere alla Bibbia o non piuttosto alle spiegazioni che ne
danno quelli che la commentano? Se siamo scettici sui Re Magi e sulla stella
che traccia la Road Map, è a causa delle falsità contenute nel vangelo o invece
è a causa di particolari aggiunti per riempire dei vuoti narrativi con
invenzioni di dubbia origine? E se la mela è diventata il simbolo dell’attività
sessuale è a causa della Bibbia, che addirittura non la nomina, o di chi non
l’ha capita? E se Giona ci fa pensare a Geppetto che si era costruito
l’abitazione nel ventre della balena è a causa della Bibbia o invece è dovuto a
chi ha letto il racconto in modo puerile?
Reazioni di questo tipo mi sono
sempre venute in mente quando recitavo il Breviario nel tempo di Avvento. In
quel periodo dell’anno liturgico ho sempre cercato di evitare la recita di una delle
tre Ore canoniche. Chi conosce come è organizzata la preghiera a cui sono
tenuti i sacerdoti e che oggi è usata anche da molti laici, forse avrà già
capito il motivo della mia avversione all’ora incriminata, la prima, che però è
chiamata Terza. La cosa può sembrare strana, ma è così ed ha anche una sua
spiegazione (Le altre Ore sono: la seconda chiamata Sesta e la terza chiamata
Nona. Se qualcuno mi chiederà il perché, sono pronto a spiegarlo).
L’Antifona incriminata
Nella Liturgia cattolica ogni salmo è
preceduto da una frase che dovrebbe sintetizzare il significato della preghiera
che segue e per questo viene chiamata Antifona, cioè “quella che sta davanti”
anche se poi viene ripetuta alla fine. Nelle tre ore medie un’unica antifona
precede i tre salmi e quindi dovrebbe suggerire lo stato d’animo con cui
recitare la preghiera. Ebbene, all’ora Terza l’antifona afferma “I profeti
l’avevano annunciato: il Salvatore nascerà dalla Vergine Maria”.
Non ci vuole molto a capire che si
tratta di un’affermazione semplicemente falsa. Nessun profeta, in nessuna
pagina della Bibbia ha mai detto quelle parole. Sono espressioni di qualche
anima pia vissuta nei secoli passati che ha pensato bene di consolidare la fede
dei cristiani presentando il mistero dell’incarnazione del Verbo come
realizzazione di una promessa esplicita e dettagliata. Peccato che la promessa
sia stata fatta in altri termini, con mille sfumature e che si sia realizzata
in modo analogo e coerente sempre avvolta in quel mistero che caratterizza
tutti gli interventi di Dio registrati nella Bibbia.
Quell’antifona non è solo uno
scivolone innocuo dovuto ad una devozione malintesa ma dev’essere considerato
un attentato alla verità che noi consideriamo una qualità essenziale della
Bibbia. Attribuirle affermazioni di quella portata induce a considerarla
inaffidabile e quindi a rifiutarla insieme alla fede che è nata da essa.
È sorprendente che uno svarione di
questa portata sia stato accolto nella preghiera ufficiale della Chiesa. Però
mi chiedo anche perché la mia reazione all’antifona in tutti questi anni si sia
limitata ad evitare la recita dell’Ora Terza nel periodo di Avvento e non sia
stata seguita da una denuncia pubblica. Forse è uno dei tanti peccati di
omissione a cui ci siamo abituati per pigrizia, per trascuratezza o anche per
la convinzione che nessuno ci bada e che comunque si tratti di proteste che non
avranno mai un seguito. Il clima generale introdotto nella Chiesa cattolica
(non soltanto!) da papa Francesco può aver influito nel comunicarmi più fiducia
che avvenga presto la sostituzione di quelle “parole false” che sono un
attentato alla verità della Bibbia. Chissà che prima della Parusia non abbia la
soddisfazione di recitare l’Ora Terza in Avvento alle nove del mattino senza
aspettare il mezzogiorno per recitare l’Ora Sesta!
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