MA NON BASTA TENERLA IN
MANO
«Nell'apprendere e professare la fede, abbraccia e ritieni soltanto
quella che ora ti viene proposta dalla Chiesa ed è garantita da tutte le
Scritture. Ma non tutti sono in grado di leggere le Scritture. Alcuni ne sono
impediti da incapacità, altri da occupazioni varie. Ecco perché, ad impedire
che l'anima riceva danno da questa ignoranza, tutto il dogma della nostra fede
viene sintetizzato in poche frasi». Potrebbe sembrare un primo commento a caldo dell’intervista
rilasciata da papa Francesco alla Civiltà Cattolica prima dello storico viaggio
in Svezia in occasione dei 500 anni dall’inizio della riforma protestante. In
realtà si tratta di un commento tratto dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme,
vescovo, vissuto verso la metà del 300. Non erano passati molti anni da quando
l’imperatore Costantino aveva riconosciuto alla Chiesa il diritto ad esistere.
Possiamo immaginare facilmente un clima di euforia tra i cristiani che si
vedevano finalmente liberi di manifestare la loro fede e di accedere senza
paura ai testi sacri sui quali era fondata.
È sorprendente perciò la preoccupazione del vescovo Cirillo che
riscontra la difficoltà dei cristiani ad accostarsi alla Bibbia. Sono due le
cause indicate dal vescovo: scarsa preparazione culturale e mancanza di
interesse che porta a preferire “occupazioni varie” allo studio della Parola di
Dio. Non meraviglierebbe la difficoltà derivante dalla cultura se a dirlo fosse
il vescovo di una chiesa ai confini dell’impero romano, nelle lontane Gallie o
tra le foreste della Turingia. Ma lo dice il vescovo di Gerusalemme, città
coinvolta in modo diretto nelle vicende narrate e dove sarebbe lecito
aspettarsi una continuità nelle abitudini e nel linguaggio. Evidentemente non
era così.
Una “sintesi” troppo… sintetica
Ma il breve commento di Cirillo ci costringe a fare altre considerazioni
non meno interessanti e, purtroppo, di un’attualità permanente. Il vescovo di
Gerusalemme non si preoccupa che i fedeli conoscano tutte le Scritture. Si
accontenta che abbraccino e ritengano “soltanto quella [fede] che ora
ti viene proposta dalla Chiesa ed è garantita da tutte le Scritture”. La
Chiesa si presenta come garante della corrispondenza sostanziale del suo
insegnamento con l’insieme delle verità presenti nella Bibbia, ritenuta troppo
complessa per la massa dei fedeli. L’intervento riduttivo minimalista è
suggerito certamente da zelo per la salvezza delle anime che potrebbero
interpretare in modo inesatto i testi biblici. Cirillo è esplicito e, come si è
visto, ben motivato: “ad impedire che l'anima riceva danno da questa
ignoranza, tutto il dogma della nostra fede viene sintetizzato in poche frasi”.
Una volta si sarebbe paragonato al celebre “Bignami” che ha salvato dalla bocciatura intere
generazioni di studenti. Oggi forse si potrebbe parlare di un abstract che sfronda un testo delle lungaggini che lo
appesantiscono, oppure di una “lettura breve” seguendo le indicazioni
canonizzate dalla liturgia attuale.
Ammetto che le intenzioni di Cirillo fossero buone. Forse però sono
state interpretate come un invito al disimpegno culturale nei confronti di
libri giudicati troppo al di sopra delle capacità del popolo di Dio. Oggettivamente
era un atto di disistima verso i cristiani che comportava una sottovalutazione
della stessa Bibbia. Questo clima piuttosto pessimistico che ha allontanato
dalla Bibbia molte generazioni di credenti ha avuto dei risvolti che, dal punto
di vista della fede, possiamo definire provvidenziali. Con linguaggio moderno,
potremmo dire che i libri sacri sono stati “ibernati” inconsciamente, in attesa
di poterli restituire intatti alle generazioni future che, nel frattempo
avrebbero potuto attrezzarsi culturalmente così da evitare i pericoli paventati
dal vescovo Cirillo nel 350.
A mille e settecento anni di distanza da quella data, forse è giunto il
momento di autorizzare le procedure per riportare in vita con tutta sicurezza, quella
creatura meravigliosa custodita gelosamente per tanti secoli e così permetterle
di raggiungere finalmente lo scopo per cui era stata realizzata. Non è che in
passato siano mancati i tentativi di “scongelamento” della Bibbia. Nonostante i
divieti di accesso, sono sempre esistiti dei temerari che hanno cercato di
impadronirsi dei codici segreti per raggiungere quei tesori, resi ancor più
affascinanti dalle misure protettive adottate da chi si considerava il loro
custode ufficiale.
La Bibbia nelle mani di tutti
Il tentativo più clamoroso di conquistare il tesoro e distribuirlo a
tutti si è verificato 500 anni fa ed è stato favorito da una serie di
circostanze diverse di carattere politico e sociale. Ma determinante è stata
un’invenzione avvenuta proprio in quegli anni: la stampa con caratteri mobili
che ha reso possibile il sogno di mettere nelle mani di un gran numero di
persone quei libri che erano stati confinati nelle biblioteche e nelle
sacrestie fumose dei luoghi di culto.
C’erano ormai tutti gli elementi per formare una miscela pronta ad
esplodere in presenza della più piccola scintilla. E le occasioni non sono
mancate: interessi politici, economici, rivendicazioni territoriali, questioni
di prestigio che si intrecciavano tra di loro ma con la presenza divenuta
costante della Bibbia che tutti dichiaravano di voler difendere. Ognuno lo
faceva con le armi che sentiva più consone alle proprie forze: Inquisizioni,
roghi, scomuniche, demonizzazione dell’avversario, accuse di eresie, sospetti
atroci contro chi stava dall’altra parte. La chiesa di Roma così centralizzata,
raccoglieva puntigliosamente gli anatemi scagliati in ogni direzione,
assicurando così ad ognuno l’esecrazione perenne.
Le chiese “eretiche” finirono per trovare il motivo che le univa non
tanto nell’interpretazione della Bibbia quanto nell’opposizione comune a chi
pretendeva di essere l’unico in possesso della verità: il papa di Roma. Non
sono un esperto di letteratura popolare di matrice protestante, ma da quanto ho
letto qua e là ho avuto l’impressione che gli attacchi violenti e a volte
volgari contro il capo della Chiesa cattolica siano stati la tematica preferita
da molti scrittori.
Lo è stato e forse lo è ancora se nel 2012 un’editrice protestante ha
sentito la necessità di ripubblicare un volume di oltre 600 pagine scritto nel
1858 e giunto ormai alla sesta edizione italiana, proprio quella che un Amico
aveva messo nelle mie mani qualche tempo prima. Mi pareva di leggere
certe vite di santi cattolici quando si presentavano i grandi personaggi delle
diverse “riforme” protestanti mentre al contrario mi sembravano datati e
ricalcati sui soliti stereotipi i ritratti dei papi e della chiesa cattolica.
Verso un mondo nuovo
Nonostante il permanere di pregiudizi reciproci, purtroppo giustificati
dalla storia, si deve riconoscere che stiamo vivendo un momento che potrebbe
aprire la strada a rapporti ispirati più al vangelo che ad altri interessi
politici, di prestigio, di supremazia culturale o di carattere economico. La
crisi mondiale che stiamo vivendo ci costringe a rivedere i motivi che hanno
portato alla divisione tra gruppi di cristiani che, partendo dagli stessi testi
della Bibbia ne hanno dato interpretazioni tanto diverse.
Le considerazioni che Cirillo, vescovo di Gerusalemme, faceva nel 350 sono
state più o meno inconsciamente le linee guida seguite dalla Chiesa cattolica
nei confronti della Bibbia, tanto rispettata da non essere nemmeno toccata,
come scriveva amaramente Claudel alla fine dell’ultimo millennio. Ma anche la
diffusione capillare dei testi sacri, realizzata lodevolmente dalle Società
bibliche ed oggi anche dalle editrici cattoliche non è sufficiente, di per sé,
a rendere la Bibbia quel libro aperto alla comprensione di tutti, come si dice
dovrebbe essere.
Non basta tenere in mano i testi sacri perché il loro messaggio si
comunichi in modo transdermico al paziente. Resta sempre valida la strada
indicata dal viaggiatore etiope che leggeva il testo di Isaia: “Come posso
capirlo se nessuno me lo spiega?” (Cfr. Atti 8,28-40). Ritorniamo così
all’analisi del vescovo Cirillo: non si conosce la Bibbia per incapacità (=
ignoranza) e per mancanza di interesse. La prima difficoltà si supera con lo
studio, la seconda con le sfide proposte dalla vita stessa. Non ci sono
alternative.
La Chiesa del 350 sperava di risolvere il problema offrendo ai cristiani
una sintesi della Bibbia, condensata nelle formule dei vari Simboli della fede.
La scelta, accettabile come soluzione provvisoria, si è dimostrata
insufficiente a lungo termine. Oggi la Chiesa nelle sue diverse componenti si
trova di fronte alla sfida proveniente dall’islam che si presenta compatto nel
riferirsi al suo libro sacro. Il confronto tra le due religioni per quanto
riguarda la conoscenza diffusa dei testi su cui si fondano, vede il popolo
cristiano nettamente battuto da quello musulmano. Questa situazione dovrebbe stimolare
i cristiani a conoscere la Bibbia per diventare maggiormente consapevoli della
propria identità. La Chiesa oggi è in grado di rispondere in modo adeguato a
questa richiesta di conoscenza a tutti i livelli.
Cirillo, vescovo di Gerusalemme, riscontrava mancanza di interesse per
la Bibbia e ignoranza del suo contenuto. Oggi si ripropongono gli stessi
problemi ma con possibilità concrete di trovare quelle risposte che le sintesi
sbrigative suggerite da Cirillo e applicate dalla Chiesa non sono riuscite a
dare. Il proibizionismo nei confronti della Bibbia praticato dalla Chiesa di
Roma ha prodotto effetti devastanti. Ma neppure il metodo “fai da te” seguito
dalle Chiese riformate ha portato tutti gli effetti sperati, anche se si fatica
a riconoscerlo.
La visita di papa Francesco in Svezia è stata quel fuori programma che
potrebbe aprire la strada a sviluppi successivi. I sorrisi, gli abbracci, i
colloqui tra il Papa di Roma e i responsabili di Chiese riformate sono un segno
evidente della volontà di impostare rapporti nuovi tra tutti i credenti. Ma non
dobbiamo dimenticare che il cammino verso la Bibbia incomincia dall’interesse
comune e si percorre insieme a tutti gli interessati.
E questo richiede fatica e impegno costante.
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