ACCADEVA 170 ANNI FA
Diciamo che è stato un caso a bloccare la
solerte bibliotecaria alla ricerca del termine tecnico preciso per catalogare
un volume dal contenuto molteplice e difficilmente definibile.
Diciamo che è stato un caso che io entrassi in
biblioteca proprio in quel momento di ricerca affannosa e che mi sia stato
richiesto un parere per poter completare la scheda.
Diciamo che è stato un caso che mi sia trovato
tra le mani un libro che non avrei mai preso in considerazione per il suo aspetto
più che modesto che non attirava l’attenzione.
Diciamo che è stato un caso che incominciando a
leggere le prime righe sia stato incuriosito dalla magniloquenza del linguaggio
che mi ha spinto a violare il sacro silenzio della biblioteca declamando ad alta
voce con tono ironico le frasi tornite che aprivano il libro.
Ma non è stato più un caso fortuito il
sentimento che nasceva in me continuando nella lettura e pensando alle vicende
che avevano dato origine a quelle pagine. Uno sguardo rapido al frontespizio:
Napoli 1849. Il luogo e il quando mi aiutarono a capire il modo e il perché di
quel libro che mi era venuto in mano senza che l’avessi cercato. Smisi di
leggere ad alta voce perché mi era passata la voglia di ironizzare sull’enfasi
di quella prosa datata.
Un salto indietro nel tempo
1849: l’Italia era ancora divisa in tanti
Stati, Napoli era la capitale delle Due Sicilie, governata dai Borboni, il Papa
era ancora a capo dello Stato Pontificio.
L’Indice del volume nelle Notizie
elencava Roma – Napoli – Granducato di Toscana – Lombardo Veneto – Regno
Sardo accanto ai grandi Stati europei. Nelle Varietà si dà notizia
del Rescritto di Pio IX che concede di celebrare “la Messa e
l’Uffizio propri dell’Immacolata Concezione di Maria” anche in vista di “diffinir dogmaticamente la verità”, cosa che
sarebbe poi avvenuta l’8 dicembre del 1854.
Ampio spazio viene dato al “dominio
temporale del Papa” che viene non solo giustificato dal punto di vista
storico e teologico ma esaltato per le grandi benemerenze acquisite nel corso
dei secoli.
Altri argomenti affrontati con decisione e con
aggressività riguardano la libertà di stampa, il teatro, Cristo, Vangelo e
Socialisti, il clero e la politica. Un ampio panorama di interessi che offrono
una testimonianza viva del clima di tensione che sarebbe poi sfociato, nel giro
di vent’anni, nell’unità d’Italia. L’Introduzione al volume sintetizza con
linguaggio enfatico il senso di smarrimento dei cattolici di fronte ad un mondo
in trasformazione e insieme esprime la decisione di contrastare “il grand’impeto de’ marosi e de’ venti,
sostenendo colle meschinissime nostre forze l’onor della Chiesa e del Clero”.
Ricordiamo che nel 1849 erano passati solo 50
anni dalla Rivoluzione francese che aveva portato cambiamenti radicali anche
nell’organizzazione della Chiesa anticipando quello che sarebbe avvenuto entro
pochi anni anche in Italia.
Erano “giorni di afflizione [che]
avevano sorpresa la Chiesa di Cristo”. La descrizione merita di essere
letta. “In mezzo al tramestio di troni che cadevano in ruina, di popoli che
ingannati da chi li chiamava fratelli, correvano diritto al precipizio, di
Vescovi scacciati iniquamente dalle loro sedi e mandati in esilio, di Religiosi
e Religiose, i quali dopo aver grandemente giovata la comunanza civile eran
spogliati, ingiuriati e banditi, una setta nemica di Dio e degli uomini si
recava in mano il sommo potere, e sogghignando mirava l’opera sua”.
Ancora, si denuncia l’abuso “riprovevolissimo
di tener pubblicamente aperte a vendere le botteghe ne’ giorni consacrati a Dio”,
“l’abominevole via” seguita dalla stampa con la pubblicazione di “libercoli
[…] cui smaltivano torme di monelli nelle pubbliche strade” definiti “acque
avvelenate” bevute soprattutto dai giovani.
Di fronte a questi fatti troviamo il richiamo
alla responsabilità di dare la testimonianza della propria fede: “Né siavi
chi tra di noi pensi, lui non essere dalla Provvidenza destinato a candelabro
ardente nella Chiesa, ma sì a starne nascosto sotto il moggio”.
“In fine, all’aspetto della presente
condizione della Chiesa di Gesù Cristo, noi siam di credere che il trionfo di
Lei non è molto lontano; e questo pensiero è di grande conforto per noi che a
questo solo fine intendiamo scrivendo”.
La situazione attuale
A cento settant’anni di distanza da questi
avvenimenti possiamo fare un confronto con quanto sta accadendo ai nostri
giorni. La prima considerazione che viene in mente è che “Siamo ancora qui!”
nonostante le “orride tempeste”, che continuano a “sbatterci”. Non abbiamo
ancora visto il “trionfo della Chiesa” auspicato, anche se abbiamo vissuto
momenti di trionfalismo legati a situazioni particolari o ad entusiasmi
passeggeri spenti rapidamente.
Abbiamo metabolizzato con fatica la fine del
potere temporale dei papi cercando di sostituirlo con il “prestigio morale”, a
sua volta contestato con motivazioni a volte pretestuose. L’influsso della
stampa sull’opinione pubblica denunciato allora con preoccupazione, si è
moltiplicato in modo esponenziale soprattutto in questi ultimi anni ed è aperto
ad ulteriori sviluppi.
La sospensione delle attività nei giorni
festivi è tornata ad essere un problema, ma non per motivi religiosi. Il
conflitto è tra gli interessi del commercio e il diritto dei singoli al riposo
e al divertimento. Non è questione di fede. Anzi si fa di tutto per staccare la
religione da qualsiasi legame con le scelte di vita che non riguardino il
singolo individuo.
Il vero motivo è salvaguardare la laicità dello
Stato che non ammetterà mai che possa esserci una guerra ispirata da una
religione. Questo legame è denunciato solo nella storia che parla apertamente
di “guerre di religione”, ma oggi questo discorso è “politicamente scorretto”.
Le cause dei conflitti devono essere cercate unicamente in ambito economico e
sociale. Forse oggi è questo l’attacco più radicale e subdolo contro la
religione. Apparentemente si vuole salvarla dall’accusa di fomentare la
violenza, mentre in realtà la si vuole estromettere da ogni decisione
riguardante la vita concreta.
Le tempeste del 1849 sono diventate ancora più
“orride” per tutta l’umanità con un crescendo impressionante dal comunismo al nazismo
fino al terrorismo attuale che rivendica spavaldamente le sue radici,
disconosciute dalle stesse vittime del terrore attraverso elucubrazioni faticose
per farle diventare opinione pubblica. Sforzo lodevole nelle intenzioni di chi
vorrebbe costruire la pace ignorando le cause che hanno scatenato le guerre, ma
inaccettabile dal punto di vista oggettivo.
Il confronto tra la nostra esperienza e quella
dei cattolici di 170 anni fa ci ha aiutati ad inquadrare le difficoltà che
stiamo vivendo in una cornice più ampia dove assumono significato e valore.
Soprattutto ci siamo resi conto della verità di quanto ha detto Gesù quando
annunciava ai suoi discepoli che avrebbero dovuto lottare sempre contro le
mutevoli forze del male e li esortava a non avere paura.
Ho trovato l’esortazione “Non temere” all’inizio
del brano di vangelo proposto dalla liturgia cattolica per la XIX domenica
dell’anno C, e mi sono chiesto se era stato solo un puro caso che la solerte
bibliotecaria si fosse stranamente bloccata su quel libro per farlo finire tra
le mie mani costringendomi così a riflettere in un momento in cui siamo
bombardati da inviti analoghi, ma dettati da altre preoccupazioni.
Ed è stato bello pensare che niente avviene
“per caso”, soprattutto quando i “casi” si susseguono legati tra loro come gli
anelli di una catena agganciata ad un ancoraggio sicuro.
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