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Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

giovedì 18 agosto 2016

PREGARE INSIEME: “A PRESCINDERE”


SONO D'ACCORDO CON I MUSULMANI


        Non con tutti, ma con quelli che non sono andati a messa per manifestare solidarietà con i cristiani. Le motivazioni che li hanno spinti a questa scelta, stando alle dichiarazioni riportate dai giornali, sono molto varie e non tutte condivisibili dal mio punto di vista. Però mi è sembrato molto bello quanto dichiarato da alcuni “assenteisti” che non hanno partecipato alla messa “per rispetto verso i cristiani”. Con questo non voglio dire che tutti lo abbiano fatto per lo stesso motivo, né che quanti sono entrati nelle nostre chiese avessero intenzione di recare un affronto alla nostra religione.

Questa lunga premessa, con tutti i “distinguo” del caso, dimostra la delicatezza del problema e la difficoltà di affrontarlo in modo sereno senza accuse reciproche di filo o anti islamismo. Parallelamente la duplice posizione riscontrata all’interno della comunità ecclesiale tra favorevoli e contrari alla presenza islamica credo che debba essere vista come occasione provvidenziale per una comprensione più profonda della nostra fede.

“Mistero della fede”

È con questo spirito che propongo alcune considerazioni che mi hanno convinto a prendere una posizione nettamente contraria alla presenza di non credenti, islamici o no, al “mistero della fede” che noi cristiani celebriamo. A costo di essere noioso, ribadisco che non sono contrario alla ricerca, per quanto faticosa, di una preghiera comune (ci mancherebbe altro…). Il tema vero è: la Cena del Signore, comunemente e impropriamente conosciuta come “Messa”.
Si sta diffondendo il desiderio di trovare il modo di incontrarsi tra esponenti di religioni diverse per pregare insieme, mettendo da parte le differenze (trasformate spesso in contrapposizioni anche violente) per cercare gli elementi comuni alle diverse fedi. L’intento è lodevole, dimostra una sensibilità nuova di fronte a situazioni che in passato hanno dato origine a guerre devastanti.
Sono entrati nella storia gli incontri svoltisi ad Assisi come pure altri momenti di preghiera “insieme” tra il papa ed esponenti di spicco di altre religioni. Non ho usato l’espressione “preghiera comune” (anche se spesso è comparsa nelle cronache giornalistiche) perché in effetti ognuno dei partecipanti ha recitato la sua preghiera personale davanti agli altri che ascoltavano in silenzio. Qualcuno si è anche ritirato in disparte, sottolineando educatamente la mancanza di condivisione. Anche questo atteggiamento deve essere visto come un passo in avanti nei confronti di situazioni di intolleranza frequenti nel passato, ma evidenzia anche quanta strada ci sia ancora da fare per avere una preghiera condivisa da tutti.
Penso che sia doveroso chiedersi se sia davvero possibile, nelle attuali condizioni, recitare una formula di preghiera che esprima una fede comune quando questa fede comune non esiste. È inutile nasconderlo, questa è la realtà. Se la preghiera non viene identificata con un “rito” ma è intesa come un dialogo tra l’uomo e Dio, è evidente che il modo di rappresentare Dio condiziona il rapporto che si vuole stabilire con lui.

Tre ritratti diversi dell’unico Dio

Oggi si cerca di superare questa posizione affermando che esiste un solo Dio e che ogni religione lo chiama in modo diverso senza modificare la sua natura. È vero, però è altrettanto vero che pregando non ci rivolgiamo a Dio in se stesso ma attraverso l’immagine con cui è stato rappresentato dalle diverse religioni. È altrettanto vero che ogni religione è convinta che l’immagine di Dio elaborata dalla propria tradizione corrisponda esattamente alla realtà del soggetto rappresentato.
Ecco allora che le cosiddette “tre religioni monoteiste” presentano tre identikit diversi del Dio che dicono di adorare e che identificano con il “Dio di Abramo”, per cui si autoproclamano “figli” del personaggio biblico. Questa espressione, ripetuta automaticamente forse perché “suona bene”, è quanto mai equivoca.
Per gli Ebrei e per gli islamici esprime un legame genetico secondo il racconto biblico, che offre una spiegazione dell’ostilità permanente tra gli Ebrei discendenti del figlio “legittimo” (Isacco) e gli arabi (diventati musulmani solo molti secoli dopo) discendenti dal figlio “ripudiato” (Ismaele, figlio della schiava Agar). Anche i cristiani si dichiarano figli di Abramo, ma il loro legame con il patriarca è basato sulla sua fede, secondo l’insegnamento di Paolo.
A questo punto però dobbiamo chiederci quale immagine di Dio poteva avere Abramo, stando ai racconti biblici originali, prima delle elaborazioni teologiche successive che lo hanno presentato come l’Unico esistente con l’esclusione di ogni altra divinità. È questa la nota comune alle tre religioni che però si differenziano procedendo nell’elencare le altre caratteristiche del proprio Dio.
Confrontando i tre identikit è evidente la somiglianza tra quello ebraico e quello islamico, mentre quello cristiano partendo dallo stesso principio si sviluppa in senso trinitario. Ed è proprio questo aspetto che viene rifiutato dalla fede ebraica e denunciato decisamente dalla religione islamica che lo respinge e combatte come un’empietà.
Non ci vuole molto a capire che in questa situazione storico-culturale, pur movendo dallo stesso principio (Dio unico) le tre religioni sono diverse e addirittura opposte. La storia ha evidenziato impietosamente questa realtà. Oggi si incomincia a sentire, anche se in modi diversi, l’incongruenza di queste posizioni ideologiche. Da parte ebraica sembra farsi strada un certo interesse verso la fede cristiana, nonostante casi di intolleranza dovuti ad esperienze drammatiche del passato, mentre rimane immutato il rifiuto nei confronti dell’islam causato dalle condizioni politiche. La posizione dell’islam sia verso l’ebraismo che verso il cristianesimo è ben nota ed è aggravata dal fatto che l’ostilità è motivata e imposta dai testi su cui quella religione è fondata: il Corano. La fede cristiana, basata su testi considerati un tutt’uno con quelli usati dagli Ebrei, potrebbe essere un elemento catalizzatore dell’incontro con le altre fedi grazie alle caratteristiche del proprio credo religioso.
Non è un caso che questa istanza sia portata avanti (alcuni aggiungono: con testardaggine…) da ambienti cristiani desiderosi di vedere finalmente realizzato il desiderio del loro fondatore: un unico popolo che riconosce Dio come Padre. Il sogno è molto bello. Ma c’è un detto ebraico che ammonisce: “Se vuoi che i tuoi sogni si realizzino, smettila di sognare!”. In altre parole, guarda in faccia la realtà e datti da fare.

“a prescindere”

       E la realtà oggi è quella che abbiamo descritta: gli Ebrei e i musulmani non possono nemmeno incontrarsi (Neveh shalom e iniziative similari sono mosche bianche!), tanto meno pregare insieme. I cristiani d’avanguardia vorrebbero pregare con gli uni e con gli altri e forse potrebbero anche farlo se fossero disposti “a prescindere” dalla caratteristica della loro fede cioè se rinunciassero a quella parte del Credo che li qualifica come cristiani: CREDO IN CRISTO FIGLIO DI DIO.
Ma allora cosa rimane della fede cristiana? L’affermazione di un unico Dio, che però, come abbiamo visto, è presentato con caratteri distintivi differenti e irriducibili. C’è da chiedersi se accettando che degli islamici partecipino alla celebrazione della Messa non li sottoponiamo ad una tortura mentale, costringendoli a sentire ripetere in mille modi “per Cristo nostro Signore” circondati da crocifissi e statue varie, tutte cose severamente rifiutate dal loro libro sacro. Se vogliamo davvero rispettarli non chiediamo loro di prendere parte alla preghiera che per noi dovrebbe essere l’espressione più tipica della nostra fede: condividere la cena del Signore con i suoi amici più intimi.

Messa dei catecumeni

Vorrei ricordare che anticamente si dava importanza a quella che era detta “messa dei catecumeni”. Terminata la parte introduttiva con le letture bibliche, il commento e la preghiera comune si invitavano i catecumeni (coloro che si preparavano a diventare cristiani) ad uscire dalla chiesa perché non erano ritenuti ancora in grado di comprendere il mistero che i battezzati stavano per celebrare.
È vero che col passare del tempo questa distinzione ha perso di importanza e la celebrazione del mistero si è trasformata nella ripetizione di un rito a cui tutti dovevano partecipare in una società dichiarata ufficialmente cristiana, al di là di  una fede realmente condivisa. Il battesimo dato ai bambini rendeva tutti “credenti” e quindi soggetti alle leggi della Chiesa codificate nel Diritto Canonico, in parallelo a quello civile. Era impensabile un comportamento privato diverso da quello previsto dai codici. Le conseguenze più drammatiche si sono avute forse nel matrimonio, considerato sempre come sacramento in quanto celebrato da due battezzati, indipendentemente dalla loro reale adesione alla fede.
Per quanto riguarda la messa, si dava per scontato che in una società cristiana tutti partecipassero alle manifestazioni che la caratterizzavano. Con l’emergere di una società che si ispirava a principi laici si vennero a formare due strutture parallele che cercavano di convivere rispettandosi anche attraverso compromessi di comodo. Solo i regimi totalitari sono stati dichiaratamente intolleranti nei confronti della religione, accusata di essere causa delle peggiori nefandezze.
Nelle società che riconoscevano le radici comuni nella tradizione cristiana, la convivenza pacifica si manifestava anche con lo scambio di presenze delle rispettive autorità alle ricorrenze religiose o laiche. Era un segno di rispetto reciproco, niente di più. Il vescovo poteva continuare a credere nel suo Dio, il sindaco o il capo di Stato potevano continuare a proclamarsi atei come il generale dell’esercito continuava ad essere massone.
Abbiamo così assistito a sfilate di autorità civili e militari che non avevano niente da spartire con la fede che noi volevamo celebrare. E abbiamo “arricchito” la semplicità della cena del Signore con insegne sontuose, con rituali complicati, con inchini, riverenze cortigiane, incensazioni faraoniche, posti di onore riservati ai dignitari, scopiazzando i cerimoniali delle corti imperiali. E così abbiamo messo in soffitta l’insegnamento del vangelo riproposto con decisione da un altro testo cristiano (Luca 11,43; Lettera di Giacomo 2,1-4).

Scambio di cortesie

La Messa è diventata un evento pubblico alla pari con la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici o con l’inaugurazione dell’EXPO. La presenza dei vescovi ad avvenimenti del tutto profani non era che un ricambio di cortesia tra i rappresentanti dei poteri. Solo con questi presupposti si può spiegare come la presenza alla celebrazione del “mistero della fede” di non aderenti al nostro Credo, islamici o no, sia stata accettata o addirittura auspicata da molti vescovi e vista come una vittoria della nostra religione.
Mi sforzo per capire anche questa posizione. Dev’essere difficile per chi è abituato a certi cerimoniali ossequiosi, pensare che il rispetto si possa manifestare anche con un’assenza o che debba necessariamente essere accompagnato da un’orchestra o da una folla oceanica oleggiante.
Concludo ringraziando ancora una volta i musulmani che non sono venuti nelle nostre chiese perché hanno intuito che la Messa è qualcosa che appartiene solo a noi, anche se siamo convinti che Cristo si è offerto per tutti. Anche se mi fosse permesso, io non entrerei mai in una moschea durante la preghiera islamica, semplicemente per un senso di rispetto per una tradizione che non mi appartiene.
Chiedo a tutti quelli che non condividono la mia fede di fare altrettanto nei nostri confronti: lasciateci soli con il nostro Maestro, ci sono troppe cose che dovremmo spiegarvi per giustificare quello che stiamo facendo. È molto bella e gradita la vostra solidarietà ai nostri lutti, ma ci sono mille altri modi per manifestarla senza ricorrere alla Messa.
  

13 commenti:

  1. Purtroppo il fumo di satana sta saturando tutto e tutti e la Verità, Via, e Vita, viene offuscata da presunti gesti di pace che dovrebbero essere fatti in tutt' altri contesti. Ho letto che a Bari durante la S.Messa è stato concesso di recitare in arabo la prima sura del Corano detta "l'aprente" dove si invoca il nome di Dio di coloro che sono stati beneficati, "non di coloro che sono incorsi nella Tua collera, né di quelli che si smarriscono". Questi ultimi sarebbero rispettivamente gli ebrei ed i cristiani. E nessuno ha avuto nulla da ridire! Davvero il fumo di satana ci sta saturando...

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  2. Purtroppo il fumo di satana sta saturando tutto e tutti e la Verità, Via, e Vita, viene offuscata da presunti gesti di pace che dovrebbero essere fatti in tutt' altri contesti. Ho letto che a Bari durante la S.Messa è stato concesso di recitare in arabo la prima sura del Corano detta "l'aprente" dove si invoca il nome di Dio di coloro che sono stati beneficati, "non di coloro che sono incorsi nella Tua collera, né di quelli che si smarriscono". Questi ultimi sarebbero rispettivamente gli ebrei ed i cristiani. E nessuno ha avuto nulla da ridire! Davvero il fumo di satana ci sta saturando...

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    1. Nemmeno io avrei avuto da ridire perché la mia conoscenza della lingua araba si è bloccata al primo anno di lezioni concluso senza esami con grave disappunto del mio insegnante! Ma non si doveva arrivare a questo punto, il parroco doveva sapere come sarebbe andata a finire. In certe situazioni non ci si può affidare al caso senza cadere però nel sospetto indiscriminato verso tutti. La solidarietà si può dimostrare in mille modi senza mettere in gioco quello che dovrebbe essere per ogni cristiano il tesoro più prezioso che Gesù ci ha dato: se stesso nell'Eucaristia. Se si perde questo senso del mistero tutto è possibile. Questi abusi dovrebbero interrogarci sulla nostra fede, sul modo di pregare, sulla conoscenza e condivisione del nostro Vangelo.

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  3. Caro Don Giovanni, premetto, per chi mi legge, che sono un sacerdote cattolico, e che lavoro in una nazione a maggioranza mussulmana della zona sub-sahariana. Ti ringrazio per la chiara esposizione riguardo alla Messa come preghiera esclusivamente cattolica e per la presentazione dell’ebraismo, dell’Islamismo e del cristianesimo nella loro relazione alla figura di Abramo. Ciò che vedo succedere in Europa fa pensare anche me e mi spinge a reagire. Tocco solo un punto: il modo di giudicare la violenza nel mondo islamico e nel mondo cristiano. Certamente esiste la violenza da ambedue le parti, come anche in tutte le culture, ma il modo di esercitarla e le motivazioni che la giustificano sono molto diverse. Mentre un mussulmano può ben giustificare la sua azione violenta con il Corano in mano e con in mente la vita del suo profeta, un cristiano non potrà mai giustificare la sua violenza tenendo il vangelo in mano e con in mente la figura e la vita di Gesù, anche se, purtroppo, molte violenze sono successe e continuano a succedere proprio in ambienti cosiddetti cristiani. Per apprezzare la differenza tra le due forme di violenza in ambiente cristiano e mussulmano, si vedano le incitazioni alla violenza contro i cristiani, scritte nel Corano [personalmente sto ancora aspettando che qualche studioso mussulmano ci aiuti a interpretare tali testi, se una interpretazione è permessa], e si consideri la violenza presente nella vita del Profeta [sopravvivenza assicurata attaccando carovane a Medina, partecipazione attiva in battaglie, esecuzioni, a volte di massa, di prigionieri, ecc.]. Sia i testi che la storia non si possono cambiare. Si veda come gli studiosi mussulmani di oggi parlano ai loro ‘fratelli’.
    Solo due esempi: Syed Ali Ashraf che scrive [Fondamenti di spiritualità islamica, p. 125], “L’Islam (…) ordina la guerra come ultimo rimedio per respingere i nemici, mantenere la pace, e stabilire quella sicurezza che fa sì che il modo di vita prescritto da Dio sia mantenuto e non distrutto” (evidenziazione grafica mia). “Ultimo rimedio”, sì, ma la chiamata alla guerra resta. Si tenga presente questo nei conflitti di questi giorni circa lo ‘stile di vita mussulmano’ condannato da certi governi. E poi: “Se si può dire che l’amore occupa il centro della vita spirituale, bisogna dire che nessuno può amare Dio se Dio non lo ama, e “Dio ama solo la persona che ama il suo profeta” [Seyyed Hossein Nasr, Id., p. 64; di nuovo evidenziazione grafica mia]. Un cristiano crede che “Dio è amore”, stop: amore per tutti e sempre. Si tirino le conseguenze che ne derivano per un mussulmano e per un cristiano che mettono in pratica i rispettivi insegnamenti di ‘amore universale’ da un lato, e ‘parziale’ dall’altro.
    A scanso di equivoci riguardo il mio atteggiamento verso l’Islam, aggiungo che ho molti amici tra i mussulmani e apprezzo la sincera fede di parecchi di loro. Dico anche che resto l’unico prete che quando celebra funerali (poche volte perché non ho una parrocchia), sapendo che molti dei presenti sono mussulmani, li invita all’inizio della celebrazione a recitare l’Al Fatiha [che io intono e recito con loro] per poi, con più diritto, chiedere a loro di assistere rispettosamente al rito cattolico. Aggiungo che quando ero preside della nostra scuola secondaria in cui la maggioranza degli alunni erano mussulmani, ero io che al venerdì intonavo l’Al Fatiha e la recitavo con loro, prima delle preghiere cristiane. Recitare una preghiera è una cosa; il partecipare alla Messa, Sacramento che esige la fede del partecipante, è ben altra cosa. E mi fermo qui (!).


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  4. Caro Don Giovanni, premetto, per chi mi legge, che sono un sacerdote cattolico, e che lavoro in una nazione a maggioranza mussulmana della zona sub-sahariana. Ti ringrazio per la chiara esposizione riguardo alla Messa come preghiera esclusivamente cattolica e per la presentazione dell’ebraismo, dell’Islamismo e del cristianesimo nella loro relazione alla figura di Abramo. Ciò che vedo succedere in Europa fa pensare anche me e mi spinge a reagire. Tocco solo un punto: il modo di giudicare la violenza nel mondo islamico e nel mondo cristiano. Certamente esiste la violenza da ambedue le parti, come anche in tutte le culture, ma il modo di esercitarla e le motivazioni che la giustificano sono molto diverse. Mentre un mussulmano può ben giustificare la sua azione violenta con il Corano in mano e con in mente la vita del suo profeta, un cristiano non potrà mai giustificare la sua violenza tenendo il vangelo in mano e con in mente la figura e la vita di Gesù, anche se, purtroppo, molte violenze sono successe e continuano a succedere proprio in ambienti cosiddetti cristiani. Per apprezzare la differenza tra le due forme di violenza in ambiente cristiano e mussulmano, si vedano le incitazioni alla violenza contro i cristiani, scritte nel Corano [personalmente sto ancora aspettando che qualche studioso mussulmano ci aiuti a interpretare tali testi, se una interpretazione è permessa], e si consideri la violenza presente nella vita del Profeta [sopravvivenza assicurata attaccando carovane a Medina, partecipazione attiva in battaglie, esecuzioni, a volte di massa, di prigionieri, ecc.]. Sia i testi che la storia non si possono cambiare. Si veda come gli studiosi mussulmani di oggi parlano ai loro ‘fratelli’.
    Solo due esempi: Syed Ali Ashraf che scrive [Fondamenti di spiritualità islamica, p. 125], “L’Islam (…) ordina la guerra come ultimo rimedio per respingere i nemici, mantenere la pace, e stabilire quella sicurezza che fa sì che il modo di vita prescritto da Dio sia mantenuto e non distrutto” (evidenziazione grafica mia). “Ultimo rimedio”, sì, ma la chiamata alla guerra resta. Si tenga presente questo nei conflitti di questi giorni circa lo ‘stile di vita mussulmano’ condannato da certi governi. E poi: “Se si può dire che l’amore occupa il centro della vita spirituale, bisogna dire che nessuno può amare Dio se Dio non lo ama, e “Dio ama solo la persona che ama il suo profeta” [Seyyed Hossein Nasr, Id., p. 64; di nuovo evidenziazione grafica mia]. Un cristiano crede che “Dio è amore”, stop: amore per tutti e sempre. Si tirino le conseguenze che ne derivano per un mussulmano e per un cristiano che mettono in pratica i rispettivi insegnamenti di ‘amore universale’ da un lato, e ‘parziale’ dall’altro.
    A scanso di equivoci riguardo il mio atteggiamento verso l’Islam, aggiungo che ho molti amici tra i mussulmani e apprezzo la sincera fede di parecchi di loro. Dico anche che resto l’unico prete che quando celebra funerali (poche volte perché non ho una parrocchia), sapendo che molti dei presenti sono mussulmani, li invita all’inizio della celebrazione a recitare l’Al Fatiha [che io intono e recito con loro] per poi, con più diritto, chiedere a loro di assistere rispettosamente al rito cattolico. Aggiungo che quando ero preside della nostra scuola secondaria in cui la maggioranza degli alunni erano mussulmani, ero io che al venerdì intonavo l’Al Fatiha e la recitavo con loro, prima delle preghiere cristiane. Recitare una preghiera è una cosa; il partecipare alla Messa, Sacramento che esige la fede del partecipante, è ben altra cosa. E mi fermo qui (!).


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  6. Caro Don Giovanni, premetto, per chi mi legge, che sono un sacerdote cattolico, e che lavoro in una nazione a maggioranza mussulmana della zona sub-sahariana. Ti ringrazio per la chiara esposizione riguardo alla Messa come preghiera esclusivamente cattolica e per la presentazione dell'ebraismo, dell'Islamismo e del cristianesimo nella loro relazione alla figura di Abramo. Ciò che vedo succedere in Europa fa pensare anche me e mi spinge a reagire. Tocco solo un punto: il modo di giudicare la violenza nel mondo islamico e nel mondo cristiano. Certamente esiste la violenza da ambedue le parti, come anche in tutte le culture, ma il modo di esercitarla e le motivazioni che la giustificano sono molto diverse. Mentre un mussulmano può ben giustificare la sua azione violenta con il Corano in mano e con in mente la vita del suo profeta, un cristiano non potrà mai giustificare la sua violenza tenendo il vangelo in mano e con in mente la figura e la vita di Gesù, anche se, purtroppo, molte violenze sono successe e continuano a succedere proprio in ambienti cosiddetti cristiani. Per apprezzare la differenza tra le due forme di violenza in ambiente cristiano e mussulmano, si vedano le incitazioni alla violenza contro i cristiani, scritte nel Corano [personalmente sto ancora aspettando che qualche studioso mussulmano ci aiuti a interpretare tali testi, se una interpretazione è permessa], e si consideri la violenza presente nella vita del Profeta [sopravvivenza assicurata attaccando carovane a Medina, partecipazione attiva in battaglie, esecuzioni, a volte di massa, di prigionieri, ecc.]. Sia i testi che la storia non si possono cambiare. Si veda come gli studiosi mussulmani di oggi parlano ai loro 'fratelli'.
    Solo due esempi: Syed Ali Ashraf che scrive [Fondamenti di spiritualità islamica, p. 125], "L'Islam (...) ordina la guerra come ultimo rimedio per respingere i nemici, mantenere la pace, e stabilire quella sicurezza che fa sì che il modo di vita prescritto da Dio sia mantenuto e non distrutto" (evidenziazione grafica mia). "Ultimo rimedio", sì, ma la chiamata alla guerra resta. Si tenga presente questo nei conflitti di questi giorni circa lo 'stile di vita mussulmano' condannato da certi governi. E poi: "Se si può dire che l'amore occupa il centro della vita spirituale, bisogna dire che nessuno può amare Dio se Dio non lo ama, e "Dio ama solo la persona che ama il suo profeta" [Seyyed Hossein Nasr, Id., p. 64; di nuovo evidenziazione grafica mia]. Un cristiano crede che "Dio è amore", stop: amore per tutti e sempre. Si tirino le conseguenze che ne derivano per un mussulmano e per un cristiano che mettono in pratica i rispettivi insegnamenti di 'amore universale' da un lato, e 'parziale' dall'altro.
    A scanso di equivoci riguardo il mio atteggiamento verso l'Islam, aggiungo che ho molti amici tra i mussulmani e apprezzo la sincera fede di parecchi di loro. Dico anche che resto l'unico prete che quando celebra funerali (poche volte perché non ho una parrocchia), sapendo che molti dei presenti sono mussulmani, li invita all'inizio della celebrazione a recitare l'Al Fatiha [che io intono e recito con loro] per poi, con più diritto, chiedere a loro di assistere rispettosamente al rito cattolico. Aggiungo che quando ero preside della nostra scuola secondaria in cui la maggioranza degli alunni erano mussulmani, ero io che al venerdì intonavo l'Al Fatiha e la recitavo con loro, prima delle preghiere cristiane. Recitare una preghiera è una cosa; il partecipare alla Messa, Sacramento che esige la fede del partecipante, è ben altra cosa. E mi fermo qui (!).

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    1. Caro Anonimo (ben noto...), capisco la tua richiesta di rimanere anonimo per "evitare il pericolo di avere un coltello piantato nella schiena!" come tu scrivi, a conferma della tua testimonianza. Non ho nulla da aggiungere a quanto dici con cognizione di causa vivendo da molti anni a stretto contatto diretto con questa realtà che a molti occidentali continua a sembrare impossibile, frutto di pregiudizi anti islamici. Tu dici che la realtà è diversa da quella che noi vorremmo e che qualcuno vorrebbe farci credere. Io mi fido di te che conosco e stimo come persona equilibrata e aperta al dialogo. Speriamo di riuscire a far aprire gli occhi a qualche illuso nostrano e assicurando qualche musulmano onesto che comunque noi non piantiamo il coltello nella schiena di nessuno, anche se la pensa diversamente da noi. Chiediamo solo che ci trattino allo stesso modo. Sia ben chiaro che NOI non vogliamo nessuna guerra di religione. purtroppo però la guerra esiste anche se è uno solo a farla.

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  7. Nigeria: 8 persone arse vive per blasfemia, l’orrore dei cristiani.
    In Nigeria è ancora vivo l’orrore per la morte di otto persone bruciate vive in una casa nella città di Zamfara, nella Nigeria settentrionale, da un gruppo di musulmani che inseguivano un giovane studente convertito al cristianesimo accusato di blasfemia contro il profeta Maometto.

    I giovani cristiani della Nigeria: no alla sharia in alcuni Stati.
    I fatti risalgono al 22 agosto: gli assalitori hanno raggiunto un’abitazione dove il giovane era stato accolto da un soccorritore dopo essere stato pesantemente percosso, dandole fuoco con le otto persone che si trovavano dentro. Unanime la condanna delle Chiese cristiane nel Paese. In una dichiarazione dell’Associazione cristiana della Nigeria (Can), il presidente della Commissione giovanile dell’organizzazione, Daniel Kadzai, ha chiamato in causa la coesistenza di due ordinamenti in Nigeria: quello laico della Costituzione nigeriana e la sharia in vigore negli Stati settentrionali a maggioranza musulmana: “Il primato del diritto - ha affermato - non può essere rispettato in un Paese in cui regna un dualismo giuridico che apre la strada alle persecuzioni dei cristiani”. “Mentre il governo si felicita per i recenti successi nella lotta contro i terroristi di Boko Haram - ha aggiunto - è triste constatare che le forze di sicurezza sono incapaci di perseguire e arrestare chi attacca i cristiani”.
    Questo articolo tratto da "Radio Vaticana" del 28.08.2016 dimostra, meglio di ogni altra discussione, l'abissale differenza tra la fede cristiana e quella islamica. E' necessario che prendiamo conoscenza approfondita e coscienza radicata nella Via Verità e Vita, prima di intraprendere qualsiasi azione di dialogo.

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  8. Patriarca russo: cristiani "spazzati via" da islam radicale Africa
    "Ne ho parlato con Francesco", "mostruoso sterminio"
    Mosca, 29 ago. (askanews) - Del "mostruoso sterminio di un immenso numero di cristiani" ne ha "discusso anche con Papa Francesco". Il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill, ha rilanciato l'allarme per la persecuzione dei cristiani in alcuni paesi africani. "Siamo molto preoccupati per la situazione dei cristiani, semplicemente spazzati via dagli islamisti radicali, sono nostri fratelli e viviamo la loro tragedia come la nostra". Secondo il patriarca, che ha incontrato l'ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo Valentin Matungul, sono "scioccanti" le uccisioni di un gran numero di cristiani in Nigeria e nella Repubblica Centrafricana.
    La ONG statunitense Open Doors, che aiuta i cristiani perseguitati in tutto il mondo, ha stimato lo scorso febbraio in un rapporto congiunto con l'Associazione cristiana della Nigeria, che da 9.000 a 11.500 cristiani sono morti a causa della violenza religiosa nel nord di questo nazione africana, circa 13.000 chiese sono state chiuse o distrutte e più di un milione di cristiani sono stati "sfollati".
    A supporto ulteriore al commento del post del 28.08

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    1. Carissimo, grazie per le testimonianze, anche se non riguardano direttamente il tema del post che riguardava la possibilità di pregare insieme con gli islamici, soprattutto con la loro partecipazone alla nostra messa. Purtroppo quello che sta accadendo in varie parti del mondo sembra negare quello che noi cristiani desideriamo e che è anche auspicato da alcuni islamici desiderosi di iniziare un dialogo di pace. Cerchiamo di non soffocare questi timidi tentativi di avvicinamento rispettoso, ma senza chiudere gli occhi sulla realtà violenta che ci minaccia tutti. Compresi gli islamici che si dichiarano moderati. E che Dio ci protegga.

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  9. Ciao Padre Giovanni,
    Ti scrivo al volo il mio pensiero.penso innanzitutto che le varie religioni é vero essere diverse e difficile se non "impossibile" da coinciliare avendo ognuna le proprie "regole" e riti più o meno consolidati e ferrei. Allo stesso tempo penso che la possibilità di pregare insieme o meglio gli episodi di preghiera condivisa da esponenti delle varie religioni sia giusta e un buon segno.nel senso io rappresentate della religione ( es il Papa) dò il buon esempio che possiamo convivere insieme e che io rispetto la tua fede e viceversa.trovo bello queste situazioni...poi che ognuno abbia e debba avere i propri spazi e i propri riti ovvio dipende dalla religione. Il fatto che il Dio sia unico ci potrebbe stare a livello ideale...ma dovresti togliere tutti gli estremisti e che ahimè ci sono in tutte le religioni con atteggiamenti più o meno violenti. Un passo in avanti é il rispetto dell altro e del suo pensiero e fede...il pregare insieme penso sia un invito a questo.un messaggio "pubblicitario" al rispetto...questo penso che ce lo auguriamo tutti! Un abbraccio

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  10. Cri, hai ragione da vendere quando dici che bisogna vivere rispettando le idee e le fedi religiose degli altri. E' un'esigenza che sta emergendo nella coscienza collettiva, ma purtroppo non è ancora condivisa da tutti. Oggi continua ancora ad essere un bel sogno. E' bello coltivarlo e farlo crescere purché lo si faccia ad occhi aperti sulla realtà di oggi. Diversamente il domani porterà solo amare delusioni. Richiamare a questo realismo non significa essere contrari al dialogo, anzi è la condizione necessaria perché il bel sogno si realizzi. Credo che anche tu, come pubblicitaria, condivida l'idea che la verità sulla qualità di un prodotto finisce sempre per venire a galla. Si può imbrogliare il pubblico per un po' di tempo ma non per sempre. Ecco quello che vogliamo quando insistiamo sulla chiarezza delle proprie convinzioni per poter iniziare un vero dialogo. Se manca questa chiarezza parliamo pure di incontri interreligiosi, ma evitiamo di tirare in ballo il dialogo e tanto più la preghiera. Che è tutta un'altra cosa. Comunque grazie per la provocazione nella speranza di riceverne ancora.

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