Pane-Combattere
Pace-Pagare
Dico subito che l’accoppiamento mi è
risultato strano leggendo i quattro termini in ebraico. Ho voluto verificare
con un gruppo di amici se condividevano la mia sorpresa. Naturalmente non ho
anticipato il problema che mi ero posto. Anzi, ho cercato di confondere le idee
introducendo un intruso, una coppia di termini assolutamente “normale” ma
aperta ad altri accoppiamenti: formaggio-mangiare.
Il verbo poteva essere unito a pane,
come formaggio poteva andare d’accordo con pagare. Per gli altri termini mi
aspettavo che pace venisse unita a combattere
per l’influsso del titolo del noto romanzo “Guerra e pace”. Mi sembrava
che fossero questi gli abbinamenti suggeriti dalla logica.
Le risposte degli amici hanno confermato
la mia impressione. La maggioranza ha abbinato pace a combattere mentre pane e
formaggio si sono divisi tra chi voleva pagare e chi preferiva mangiare. Un
gruppetto ha sfidato la logica, forse perché conosceva bene chi aveva proposto
il giochino. Qualcuno ha formato le coppie strane grazie a reminiscenze
linguistiche.
Ringrazio gli amici per l’ampia
collaborazione. Spero di rispondere alla curiosità nata da questo strano
sondaggio presentando le tappe che mi hanno spinto a proporre il giochino delle
coppie.
Ritorno alle origini
Il punto di partenza può sembrare
banale: il confronto tra i quattro termini (il formaggio non c’entra!) in
ebraico. Come tutti sanno (sarà vero?) la lingua ebraica era scritta solo con
le consonanti, come accade anche oggi. Aggiungendo le vocali si formano parole diverse.
Un piccolo esempio in italiano. Se scrivo tre consonanti, ad esempio c r t posso leggere: corto, certo, creta, corte,
carta, accorto, carota, carati, curato, carità... Il contesto mi aiuta a capire
come devo leggere e quindi non dirò mai “un mazzo di crete da gioco” oppure “ha
comprato un gioiello da 18 carote” o ancora “In piedi, entra la carota!”. In
italiano non ci sono incertezze ma in ebraico la possibilità di leggere una
parola in modi diversi è abbastanza frequente.
In italiano, come nell’esempio che ho
fatto, le consonanti c r t senza
vocali non sono abbinate a nessun significato particolare, non comunicano
un’idea. Invece in ebraico ai gruppi di consonanti è legato un concetto
generale che viene poi specificato e applicato a casi particolari grazie alle
vocali e ad aggiunte iniziali o finali. Ad esempio il gruppo m l k esprime l’idea di governare, regnare. Se
aggiungo le vocali a a avrà valore di verbo: malak = egli regnò.
Se aggiungo e e leggerò melek = re; se leggo malka =
regina; leggendo malkut = regno; himlik = egli proclamò re.
Questi gruppi di tre consonanti sono chiamati radici dalle quali possono
derivare molte parole con significati affini.
Mi scuso per la lunga premessa ma era
necessaria per capire la mia perplessità. Infatti i quattro termini pane, pace,
combattere, pagare in ebraico sono scritti con due soli gruppi di consonanti,
rispettivamente l ch m (lechem
= pane – lacham = combattere) sh
l m (shalom = pace – shillem
= pagare). Se derivano dalla stessa radice, che rapporto c’è tra significati
tanto diversi? Oppure bisogna pensare a radici con significato già diverso
all’origine?
Il linguaggio è creato dalla vita
Poteva sembrare una questione
accademica, un perditempo da pensionato sfaccendato. Ma alla fine mi sono
accorto che la risposta è di un’attualità sorprendente e spiega tutti, proprio
tutti, i drammi che stiamo ancora vivendo e che hanno tormentato la vita delle
generazioni passate. “Il solito esagerato” – dirà qualcuno. Vediamo di capirci
qualcosa. Intanto preciso che mi sono servito, come sempre, dei vocabolari a
mia disposizione, e di tutto quello che ho conosciuto in questi anni del mondo
antico, soprattutto di quello presentato nella Bibbia. Non nascondo che ho
riempito qualche buco con un po’ di fantasia, ma anche per questo posso portare
a mia scusante, esempi di studiosi illustri.
Per prima cosa ho visto che la radice l
ch m oltre che combattere significa
anche mangiare, nutrirsi. È l’esigenza fondamentale per sopravvivere. Nel mondo
in cui è nata la lingua cananea che noi abbiamo chiamato ebraica (altra
questione intrigante…) l’elemento di base dell’alimentazione è il pane (lechem).
Se lo colleghiamo ad un verbo, questo
può significare nutrirsi ma prima ancora può indicare la ricerca del
nutrimento, cioè far provvista di pane. Si presenta questa necessità quando
sono esaurite le scorte e bisogna riempire i magazzini. Noi diremmo: fare la
spesa rivolgendosi a chi ha ciò che ci serve.
Le riserve di frumento potevano esaurirsi
prima della nuova mietitura che poteva avvenire, a seconda delle regioni, dalla
primavera inoltrata (come nella depressone del fiume Giordano dove si trovava
Gerico) fino all’inizio dell’estate. Era il periodo per rinnovare le provviste
che riguardavano tutto il clan guidato da un capo con il titolo di melek.
Questo termine è tradotto come re, il che ci fa pensare spontaneamente al capo
di un grande impero, cosa che non corrisponde alla realtà di quei tempi
lontani. Per fare un esempio con il nostro linguaggio, il responsabile di un
paesino sperduto tra i monti ha lo stesso titolo del sindaco o sindaca di Roma,
anche se il numero dei cittadini è ben diverso.
Il re (il capo clan di un gruppo di
famiglie) guidava una delegazione incaricata di fare gli acquisti di frumento e
di trasportare la merce acquistata. In quei tempi lontani gli acquisti
avvenivano attraverso lo scambio di merci, ad esempio ad un certo numero di
pecore corrispondeva una determinata quantità di frumento. Se il re del clan
che aveva frumento in sovrabbondanza accettava lo scambio pattuito era come se
non avesse rinunciato a niente era “completo” come prima e altrettanto avveniva
per il re che si portava via la provvista per il suo clan: ognuno era completo,
era shallem e i due potevano salutarsi amichevolmente chiedendo: “Shalom?”
(tutto a posto?) e rispondendo “Shalom!” (OK!). E se ne andavano in
pace, uno aveva pagato (shillem) e l’altro aveva ricevuto quanto gli era
dovuto.
Ma le cose non filavano sempre così
lisce. Si dava il caso che il re a cui si chiedeva il frumento non volesse o
non potesse soddisfare la richiesta. Il re che aveva offerto lo scambio di
merci, che cosa poteva fare? I suoi morivano di fame, non poteva tornare a mani
vuote. E allora, “prendete tutto quello che potete anche se non vogliono
darvelo, lottate, saccheggiate, combattete, pensate ai vostri figli!”. “Fare la spesa” è diventato “fare la guerra”
senza nemmeno lo sforzo di cambiare verbo.
E così noi ci troviamo a chiederci che
c’entra il pane con la guerra e la pace con i pagamenti. La storia di queste
quattro parole così intrecciate tra di loro rivela la trama nascosta delle
vicende umane di sempre. Non può esserci pace senza equilibrio tra dare e
avere, senza giustizia sociale. L’idea della completezza legata alla radice sh
l m non solo esclude qualsiasi
privazione di diritti ma implica l’attuazione di ogni elemento positivo per il
benessere di ogni persona, a partire dal diritto al nutrimento indispensabile
per godere buona salute fino ad abbracciare tutto ciò che rende la vita felice:
una famiglia numerosa (erano altri tempi!), la stima degli amici, la mancanza
di preoccupazioni e, naturalmente, una ricchezza adeguata.
Quando l’equilibrio viene alterato
scatta automaticamente la reazione violenta che nasce dalla necessità di
sopravvivere. La ricerca del pane si trasforma così in lotta per la vita dove
si gioca tutto per tutto perché non c’è più niente da perdere.
La Bibbia: una web cam live sul
passato per capire il presente
La Bibbia contiene molti racconti ambientati
in un mondo nel quale possiamo vedere quasi la nascita di questo linguaggio, il
formarsi del vocabolario che usiamo ancora senza renderci conto delle vicende complesse che l’hanno generato.
Tra queste ha avuto un posto importante la carestia, dovuta a motivi diversi ma
sempre comunque portatrice di conseguenze devastanti. Era collegata ad altre
due catastrofi considerate il castigo esemplare per i peccati del popolo:
pestilenza, carestia, guerra, una trilogia che poteva anche essere espressa con
immagini correlate e ampliata secondo i casi, come in Geremia 15,2
(morte, spada, carestia, schiavitù).
La carestia poteva spingere una famiglia
a trasferirsi in una regione confinante (Rut 1,1) per un periodo
limitato, fino al termine dell’emergenza. Oppure costringere i capi famiglia ad
acquistare il frumento anche in paesi lontani, come nel caso dei figli di
Giacobbe che vanno a rifornirsi in Egitto. Il racconto lungo e dettagliato di Genesi
41,53-47,26 offre un esempio significativo delle possibili trasformazioni da
migrazione temporanea ad insediamento stabile, da accoglienza di un cliente
occasionale ai sospetti di un’invasione di una popolazione straniera, da
problema economico a questione politica. Sarebbe interessante un’analisi del
racconto da questo punto di vista.
Col passare del tempo, alla lotta per
sopravvivere si è affiancata la lotta per motivi di prestigio, di orgoglio
personale del capo, diventato melek re a tutti gli effetti. Esemplare il
primo versetto del capitolo 11 del secondo libro di Samuele: “1All’inizio dell’anno successivo, al tempo in cui i re sono soliti
andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a
compiere devastazioni contro gli Ammoniti; posero l’assedio a Rabbà, mentre
Davide rimaneva a Gerusalemme”. Il testo ebraico dà per scontato che a primavera (inizio
dell’anno) i re, come se si svegliassero dal letargo invernale, “escono” a
saccheggiare i territori confinanti senza essere costretti da motivi di
sopravvivenza. In realtà non sono i re a combattere. Mandano l’esercito che
hanno messo insieme arruolando anche truppe mercenarie, mentre il re se ne sta
tranquillamente nel suo palazzo dedicandosi magari, come nel caso di Davide, a
combattimenti di tutt’altro genere.
Sono ormai tramontati i tempi in cui il capo famiglia andava
personalmente a fare provvista per tutti i familiari, disposto anche a lottare
per procurare il cibo ai suoi figli. La guerra (milchama) non ha più
niente in comune con il pane (lechem) anzi è diventata una delle
sciagure peggiori che affliggono l’umanità. Parecchi secoli dopo queste lontane
origini, un ebreo tedesco ha riscoperto il legame tra fame e rivoluzione
proletaria e l’ha teorizzato proponendolo come modello da seguire. Se avesse
avuto la pazienza di leggere qualche altro testo biblico, come abbiamo cercato
di fare noi, si sarebbe accorto che mettendosi su questa strada si finiva alla
guerra fine a se stessa con le conseguenze che sperimentiamo anche noi in
questi giorni drammatici che stiamo vivendo.
Lo aveva capito molto bene un altro ebreo, vissuto a Gerusalemme
due mila anni fa, Senza ripercorre la lunga strada dalla lotta per vivere alla
guerra in se stessa, definiva il potere come “dominio e oppressione” chiedendo
ai suoi discepoli di non comportarsi allo stesso modo ma di imitare l’esempio
che lui stesso aveva dato: «Voi
sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le
opprimono. 26Tra
voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore
27e
chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. 28Come
il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare
la propria vita in riscatto per molti»
(Matteo 20,25-28).
nel binomio pace-pagamento rientra anche il ristabilimento delle devastazioni subite, Sal 137,8
RispondiEliminaBat-Bäbel haššedûdâ ´ašrê šeyešallem-läk ´et-Gemûlëk šeGGämalT läºnû
occhio per occhio, dente per dente!
Shalom da Pierino
nel binomio pace-pagamento rientra anche il ristabilimento delle devastazioni subite, Sal 137,8
RispondiEliminaBat-Bäbel haššedûdâ ´ašrê šeyešallem-läk ´et-Gemûlëk šeGGämalT läºnû
occhio per occhio, dente per dente!
Shalom
Certamente! Nel versetto citato troviamo proprio il verbo yeshallem con il significato di ricambiare. E' la legge del taglione che regolava la punizione dei colpevoli di qualche delitto secondo un principio di equilibrio per evitare soprusi e vendette personali. L'intento era difendere la società ma anche (e non ci si riflette abbastanza) difendere il diritto del delinquente. Questi non poteva trarre un vantaggio dal delitto compiuto ma allo stesso modo il risarcimento non poteva diventare fonte di guadagno. E' questo il significato originale di shalom che presuppone la giustizia o se vogliamo, l'equilibrio.
Elimina