LA BIBBIA A
SORPRESA
La vecchia, cara Bibbia
non finisce mai di stupire per la sua attualità. Viene fuori quando meno te
l’aspetti e te la trovi davanti magari detta con parole diverse da quelle
consacrate dalla tradizione e soprattutto vissuta ogni giorno perché
considerata capace di dare suggerimenti concreti per la buona riuscita delle
proprie attività.
Non è necessaria la
consapevolezza di agire seguendo gli insegnamenti che vengono da tanto lontano.
Anzi, l’assenza di riferimenti espliciti a testi particolari dimostra quanto
sia profondo l’influsso esercitato da quelle parole cariche di saggezza
nell’animo del popolo cristiano. Certamente l’impressione che tutti abbiamo è
che si stia perdendo il legame tra Bibbia e vita quotidiana che una volta
caratterizzava le nostre popolazioni. Ma basta anche solo una fiammata vivida
per assicurarci che il fuoco è ancora acceso ed è sufficiente attizzarlo appena
un poco perché torni a tutto il suo vigore.
Sono stati più o meno questi i sentimenti che ho
provato la mattina di lunedì 11 gennaio di quest’anno quando ho letto sul Corriere
della sera il titolo dell’intervista ad un campione di sci rilasciata dopo
un incidente accaduto durante l’ultima discesa a 150 km l’ora.
Troppo invitante per un
biblista che stava preparando la lezione che avrebbe tenuto il giorno dopo sul
libro del Siracide. Verso la fine del capitolo 4 l’autore spiega perché la
Sapienza si dimostra molto esigente con chi l’ha scelta come maestra.
«Chi confida in lei
l’avrà in eredità, i suoi discendenti ne conserveranno il possesso. Dapprima lo condurrà per vie tortuose, gli
incuterà timore e paura, lo tormenterà con la sua disciplina, finché possa
fidarsi di lui e lo abbia provato con i suoi decreti; ma poi lo ricondurrà su una via diritta e lo
allieterà, gli manifesterà i propri segreti» (4,16-18).
Vie tortuose, timore e
paura, disciplina ferrea che può sembrare tortura: parole dure da mettere in
pratica e oggi, per la cultura imperante, addirittura proibite, impronunciabili,
culturalmente scorrette. E sarebbero davvero inaccettabili se non fosse anche
scritto che la Sapienza è così rigida perché vuole rivelare i suoi segreti solo
a persone di cui possa fidarsi, a gente dalle spalle robuste che deve essere
ben allenata se vuole raggiungere traguardi prestigiosi.
Leggendo di vie
tortuose, come non pensare alla pista sulla neve segnata dai paletti che
possono diventare un trabocchetto fatale, proprio come capitato al nostro
campione nell’ultima discesa trasformata in una sfida contro la paura. Ma il
sogno del podio, la medaglia, gli applausi, il trionfo, la gloria, i premi
procurano una scarica di adrenalina che fa dimenticare tutti i sacrifici, le
rinunce, le sofferenze che potevano essere viste come crudeltà mentre invece
erano la condizione necessaria per ottenere la vittoria.
Per Christof non è
stato un evento isolato ma, come si legge nell’intervista, la preparazione severa
alle gare fa parte essenziale della sua vita. Una disciplina dura è stata cercata
e desiderata fin da bambino quando “per imparare” si rivolgeva alla maestra
“cattiva”, ricordata però con riconoscenza.
Ora, non so se il
campione di sci avesse in mente il testo del Siracide che si è affacciato alla
memoria del biblista. Probabilmente no. Probabilmente non si ispirava nemmeno
ad altri numerosi passi dove si ribadisce lo stesso concetto che guidava un
padre a preparare i figli ad affrontare la vita dura a cui andavano incontro. Rimanendo
nello stesso libro del Siracide troviamo una descrizione particolareggiata di
un modello di educazione severa (30,1-13) in linea con il libro dei Proverbi
(cap. 23).
Nel mondo occidentale
di oggi nei metodi educativi è stata bandita, giustamente, ogni forma di
violenza fisica. Però la tolleranza nell’educazione dei giovani sta producendo
conseguenze drammatiche condannate ipocritamente da una società che non vuole
riconoscere il fallimento dei suoi progetti. L’ultima invenzione è il “knockout
game” allucinante per l’incoscienza di chi lo pratica e per la superficialità di chi lo descrive come
“ragazzata”.
Vi sono però alcuni
settori della vita odierna impostati sull’osservanza di regole ferree, almeno
in teoria. Si tratta di ambiti dove ciò che conta sono i risultati che si
vogliono raggiungere, a qualunque costo. La ricerca scientifica, almeno in
teoria, si presenta come molto esigente. L’economia, sempre in teoria, si fonda
su principi rigidi che stritolano chi non li rispetta. Tra le discipline più
severe spicca lo sport professionistico accettato dall’opinione pubblica senza
discussioni, anche se sotto la spinta di grossi equivoci.
Basta vedere la corsa
ad iscrivere i figli nelle palestre delle diverse specialità. Non si bada a
spese, si sconvolgono gli orari, ci si sottopone a diete assurde, pur di
permettere ai figli di realizzare il sogno di diventare campione in qualcosa e
di fare molti soldi. E si è disposti anche a barare quando i risultati non arrivano
o quando la fatica è diventata insopportabile e si ricorre al doping.
Esigenti fino all’esasperazione
con lo sport e permissivi fino all’incoscienza quando si tratta di scuola (eccetto
che si tratti di scuola di danza…). Si insegnano con metodi sofisticati tante
cose belle e utili ma non si insegna a vivere nel rispetto di se stessi, degli
altri e dell’ambiente.
Se contano i risultati
in aspetti particolari della vita, dovrebbero contare anche per la vita stessa
che li ingloba e conferisce valore e dignità. La Bibbia racconta i fallimenti
di tanti personaggi e addirittura dell’umanità intera, ma insieme suggerisce
anche come fare per raggiungere quella felicità che ci sfugge perché la
cerchiamo nel modo sbagliato. Se un rimprovero ci fa aprire gli occhi e ci
indica dove e come trovarla, accettiamolo e anzi sollecitiamo le “dritte” che
ci vengono da chi la sa lunga sulla nostra vita.
Come ha fatto Christof
Hinnerofer a cui auguro di ricevere pochi rimproveri e di farne tesoro per
tagliare nuovi traguardi prestigiosi, non solo nello sci.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.