QUANDO DIO
SORRIDE
L’intuizione originale
della religione descritta dalla Bibbia è la proibizione di usare le immagini
per rappresentare Dio. Evidentemente il divieto riguarda le statue, i disegni
ma non si riferisce all’uso di descrivere Dio attraverso le parole. Così
troviamo che nella Bibbia si parla spesso del volto di Dio in generale e nei
particolari: occhi, orecchie, bocca o anche, in altri contesti, di braccio o di
mano. Sono tutte immagini verbali che esprimono la convinzione che Dio vede,
sente, parla e agisce intervenendo nella vita dell’uomo.
Sarebbe sbagliato dare
a queste descrizioni un senso fisico poiché è ben noto che nel modo di
esprimersi, gli autori orientali preferivano usare le immagini piuttosto che
ricorrere a concetti astratti. Così i numerosi riferimenti al volto nelle sue
diverse espressioni vogliono interpretare il giudizio di Dio sui comportamenti
dell’uomo. Un volto severo o adirato significa disapprovazione mentre un volto
sereno o sorridente manifesta apprezzamento e condivisione gioiosa.
Sono sicuro che vi sono
venute in mente le “faccine” che infestano i messaggi dei telefonini di ogni
genere. Forse qualcuno giudicherà irriverente questo accostamento, ma non lo è.
Non voglio dire che la Bibbia ha anticipato i tempi, ci mancherebbe altro!
Forse però è vero che gli inventori del nuovo linguaggio iconico sono stati
influenzati in qualche modo dalla comunicazione trasmessa dalla Bibbia. O
forse, meglio ancora, che questo modo di comunicare è il più naturale,
indipendentemente dalle tecniche usate.
Pensavo a cose del
genere quando ho letto il testo degli auguri di buon anno che la liturgia
cattolica ci ha fatto leggere nella messa del primo gennaio: “Ti benedica il
Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti
sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace”.
Ma gli atteggiamenti
del volto non sono altro che la risposta a situazioni o a comportamenti di
fronte ai quali si reagisce manifestando i propri sentimenti. Non per niente le
faccine sono chiamate “emoticon”, cioè icone o figure che rivelano emozioni.
E allora dobbiamo
chiederci che cosa può spingere Dio a mostrare un volto “brillante” di gioia
che esprima la sua profonda soddisfazione per qualcosa che lo ha reso felice? Quale
è la realtà che lo ha ripagato in modo completo tanto da fargli esclamare: “Non
aspetto altro da te. Mi hai dato tutto quello che mi dovevi: siamo in pace!”.
Non ci vuole molto a
concludere che Dio mostra un volto gioioso e benevolo all’uomo che vive
seguendo i suoi insegnamenti, che condivide il suo modo di valutare la realtà.
L’antica preghiera di augurio pronunciata da Aronne sul popolo di Israele
riportata nel libro dei Numeri (6,24-26) è rivolta a Dio ma in realtà riguarda
gli uomini che non sono solo i destinatari della benedizione ma sono la causa
da cui dipende l’atteggiamento del Signore.
Nella formula non è
usato il termine diventato tecnico per indicare la decisione dell’uomo di
vivere osservando i comandamenti, cioè “conversione”. Forse era ritenuto troppo
limitativo ed escludente quei “novantanove giusti che non hanno bisogno di
conversione” come dirà Gesù (Luca 15,7). Se il volto del Signore brilla di
gioia particolare quando l’uomo si impegna sinceramente a seguire la volontà di
Dio non vuol dire che non continui a guardare compiaciuto quelli che
condividono il suo progetto con coerenza e costanza.
Per usare un’altra
immagine moderna, possiamo pensare all’entusiasmo di un allenatore sportivo
quando vede l’atleta che ha preparato ricevere il premio, frutto di tante
fatiche condivise e di un impegno comune.
L’augurio che ci è
stato fatto con le parole della Bibbia potrebbe dunque essere tradotto in
quest’altro modo: “Ti auguro di comportarti nel prossimo anno così da rendere
felice il tuo Dio che continuerà a darti tutta la sua assistenza”.
Il significato è lo
stesso, però l’espressione prosaica non comunica l’emozione provocata dal volto
di Dio che brilla di gioia perché è contento di me!
Giovanni Boggio
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