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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

giovedì 11 febbraio 2016

LA BIBBIA INSEGNA...


LA BIBBIA INSEGNA...

 

Fatti di cronaca recenti dovrebbero far riflettere seriamente tutti quelli che hanno a cuore l’educazione dei giovani. Di fronte a certi comportamenti dovremmo chiederci se aiutiamo davvero le nuove generazioni ad affrontare la vita reale o se invece le lasciamo crescere in modo selvaggio, guidate solo dall’istinto che si presenta sotto la maschera della libertà.

      Non posso e non voglio giudicare i protagonisti del dramma che ha spinto una ragazzina a gettarsi dalla finestra non riuscendo più a sopportare gli atti di bullismo di cui era vittima. Mi auguro che la famiglia, come la scuola, abbiano fatto tutto il possibile per aiutare la ragazza ad inserirsi nella società.

Non spetta a me dare giudizi sulle responsabilità delle persone. Però penso che sia doveroso riconoscere che il gesto disperato denuncia il fallimento di un’educazione che non ha saputo preparare i giovani ad affrontare la vita reale. Non ha preparato la vittima a reagire ai soprusi, come non ha educato i bulli a rispettare i deboli. Anzi ha coltivato ed esaltato la violenza elevandola alla dignità di virtù fino ad arrivare al disprezzo di chi non può o non vuole usare i muscoli per far valere i propri diritti.

Nel post precedente avevo commentato con soddisfazione le dichiarazioni di un campione dello sci a proposito dell’educazione severa che aveva ricevuto e alla quale attribuiva i successi ottenuti. Era così convinto della validità del metodo educativo usato nei suoi confronti che continuava ancora a cercare nelle critiche e nei rimproveri gli stimoli per un miglioramento delle sue prestazioni.

Avevo rilevato uno stretto legame con uno dei testi della Bibbia (Siracide 4,13-14) che si riferiscono all’educazione nell’ambito familiare, come usava nel mondo antico dove le scuole erano riservate a pochi.

Nello stesso libro si ritorna sul tema nel cap. 30 con espressioni che oggi sembrano inaccettabili. Amore e frusta giustamente ci sembrano incompatibili. Però il rifiuto delle punizioni fisiche è andato di pari passo con l’eliminazione di tutto ciò che può sembrare gravoso per i figli che devono essere accontentati nel soddisfare i loro capricci. Si ammette l’eccezione solo nel caso in cui non vogliano sottostare ai dettami imposti dalle mode correnti. Penso che tutti abbiamo assistito a scene in cui le mamme, per non sembrare arretrate, insistevano perché il figlioletto facesse qualcosa di assolutamente superfluo e per cui il pargoletto non dimostrava il minimo interesse.

Anche a costo di far inorridire qualcuno, invito a riflettere sul significato e sul valore che avevano esortazioni come queste in un mondo organizzato con criteri di violenza: “Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta per lui, per gioire di lui alla fine… Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio… Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite, a ogni grido il suo cuore sarà sconvolto… Vezzeggia il figlio ed egli ti riserverà delle sorprese… Non concedergli libertà in gioventù, non prendere alla leggera i suoi errori…” (Siracide 30,1-13)

La preoccupazione di evitare al figlio una morte violenta non era un’esagerazione per giustificare i castighi severi, visto che Deuteronomio 21,18 prevedeva la lapidazione per i figli caparbi e ribelli. In quei tempi lontani certamente non veniva intesa come una battuta di spirito l’affermazione: “se lo percuoti con il bastone non morirà” (Proverbi 23,13). Anche se noi la interpretiamo come espressione di sadismo, non era altro che una presa di coscienza di fronte alla cruda realtà della vita quotidiana che il figlio avrebbe dovuto affrontare.

Sono passati molti anni da quei secoli lontani che continuiamo a considerare selvaggi confrontati con la civiltà che pensiamo di aver costruito. Ma la realtà è diversa da quella dei nostri sogni. Basta leggere certi fatti di cronaca senza pregiudizi culturali per rendersi conto che, a parte una maggiore sensibilità di fronte ai comportamenti, poco è cambiato nelle manifestazioni di violenza che continuano a scandire in modo drammatico le nostre giornate.

Episodi di violenza sia all’interno delle famiglie che nelle scuole, che vedono protagonisti proprio quelli che dovrebbero essere gli educatori (gli ultimi sono di queste ore – 4 febbraio 2016 – le maestre di un asilo-nido), provocano l’indignazione generale che spinge inconsciamente ad identificare la severità con i metodi violenti denunciati.

A questo punto è inevitabile che ci si senta in dovere di condannare in modo netto un’educazione considerata repressiva solo perché cerca di mettere dei limiti ad una libertà sfrenata. Il rifiuto dei metodi di costrizione fisica si trasforma così nel rifiuto delle stesse motivazioni che invece dovrebbero guidare ogni educatore. In altri termini, rifiutare frusta e bastone non significa eliminare ogni controllo di quella violenza che, con buona pace di tanti pedagogisti all’avanguardia, continua ad essere così radicata anche nelle nuove generazioni.

È questa la lezione presente in tutta la Bibbia che può essere letta come la storia dei tentativi faticosi compiuti dall’umanità per diventare davvero libera di realizzare il sogno di felicità che l’ha sempre animata. Gli autori biblici interpretano gli eventi drammatici che hanno contrassegnato le vicende umane come interventi severi di un padre che vuole portare i figli ad essere i protagonisti responsabili della propria vita.

Questo concetto è espresso nella Lettera agli Ebrei (12,4-11) per incoraggiare i cristiani in un momento difficile, rassicurandoli che si tratta di una prova che produrrà “un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati” (12,11).

Ma nella Bibbia c’è anche qualcuno che ha fatto un passo avanti e che ha avuto il coraggio di affermare che solo condividendo il punto di vista di Dio sull’uomo si ha la possibilità di realizzare quel mondo che tutti sogniamo e che rincorriamo su strade sbagliate: è Geremia. Il linguaggio con cui questo profeta (31,31-34) trasmette il suo messaggio è chiaramente derivato da una cultura e da un’epoca particolare in cui aveva senso parlare di alleanza con Dio, di peccato e di perdono oppure di circoncisione riferita al cuore (4,4).

Il messaggio della Bibbia in fondo è proprio questo: un’educazione esigente è un valore irrinunciabile per la crescita dell’umanità verso quella libertà responsabile che è parte integrante del progetto di Dio. È solo un abbozzo della risposta ad un problema angosciante che torna a proporsi ad ogni generazione: come essere felici? L’esperienza da cui nasce la Bibbia vuole rassicurarci che è possibile realizzare questo sogno ma come frutto di un impegno costante che richiede rinunce e fatiche.

 

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