LA BIBBIA IN POLITICA
La tentazione di citare la Bibbia per quello
che ci fa comodo e tralasciare quello che non ci piace dev’essere davvero molto
forte.
Che in questa trappola finiscano uomini di
chiesa intenzionati a diffondere messaggi rasserenanti in questo mondo così
frastornato, non stupisce. Lo facevano anche nei secoli passati quando
cercavano appoggi scritturistici per imporre una visione pessimistica della
vita sbandierando testi apocalittici terrificanti per controllare gli umori
della gente.
In una società nella quale politica e religione si mescolavano facilmente questa strumentalizzazione delle citazioni bibliche a servizio del potere dava fastidio a pochi che spesso finivano anzi tempo la loro esistenza. Oggi, quando la netta separazione dei due poteri è sentita come un’esigenza irrinunciabile, suscita una certa sorpresa sentire un personaggio politico di primo piano che spiega i propri progetti ricorrendo alle parole e alle immagini estratte dai testi sacri.
Si dirà che è frutto di una cultura che si è
nutrita per duemila anni di letture bibliche entrate nel linguaggio comune
senza particolari significati religiosi, ed è vero. L’immagine di una terra
“dove scorre latte e miele” è tanto suggestiva da affascinare la fantasia anche
dell’ateo più incallito, a meno che non sia del tutto refrattario ad ogni
emozione artistica.
Resta il fatto che ha suscitato stupore il
premier del Regno Unito, David Cameron, quando ha affermato che i sudditi di
Sua Maestà contrari all’ingresso nell’UE non devono illudersi di trovare nel
loro isolamento quell’abbondanza di beni materiali prospettata dall’immagine
biblica. Fin qui non ci sarebbe una grande novità. Ma gli osservatori attenti
hanno rilevato, giustamente, quanto è stato omesso da Cameron e che invece si
trova nel testo della Bibbia.
Il corrispondente del Corriere della sera
(giovedì 29 ottobre 2015) nota che l’intervento sembra studiato a tavolino e
che è importante anche per quello che “furbescamente” non dice perché
avrebbe avuto conseguenze politiche. Ma che è nel libro dell’Esodo (33,3) e che
il giornalista si premura di trascrivere fedelmente.
Il versetto infatti continua affermando che
Dio non seguirà il popolo accusato di avere una “dura cervice”. Letto in
prospettiva politica, sarebbe stata una dichiarazione di aperta condanna delle
posizioni degli euroscettici da cui il premier vuole dissociarsi.
Non credo che Cameron avesse in mente tutte
queste implicazioni esegetiche. Preferisco pensare al gusto letterario di una
persona colta che ama esprimersi in modo intelligente con un linguaggio
stimolante che conferisce a parole ed immagini evocative la capacità di
ottenere un consenso alle proprie idee.
Penso che questo episodio di cronaca dimostri
ad abundantiam la possibilità di usare parole e immagini bibliche per
comunicare messaggi estranei all’intento di chi ha scritto quei testi. Si
tratta di una manipolazione indebita, anche se fatta con le migliori
intenzioni. Diventa inaccettabile e blasfema quando la strumentalizzazione è
finalizzata a denigrare e squalificare una fede fondata su testi considerati
sacri.
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