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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

venerdì 1 luglio 2016

"NON PRIVARTI DI UN GIORNO FELICE!" (2)


 

“BUON APPETITO… MA RICORDATI CHE…”

                                                                  (continuazione)

“Grazie dell’augurio, però…”.

È stata la reazione immediata di alcuni lettori che mi hanno subito fatto notare che il “vero” messaggio che ci dà la Bibbia non è quello che potrebbe apparire leggendo solo i versetti bellissimi del Siracide ma, insieme all’esortazione ad essere moderati non solo nei cibi, ci sono molti altri richiami insistenti alla rinuncia, alla penitenza, alla sofferenza redentrice modellata sull’esempio di Gesù sofferente e morto in croce.

Era proprio questa la reazione che mi aspettavo e che avevo provocato apertamente. Le esortazioni “epicuree” del Siracide sono contenute nella Bibbia (almeno per noi cristiani) ma non comunicano il messaggio della Bibbia. A questa costatazione bisognerebbe far seguire la conseguenza logica immediata: se il messaggio “epicureo” non è quello della Bibbia non lo è altrettanto il messaggio “penitenziale” pure contenuto materialmente nelle pagine bibliche.

Tornando all’immagine degli spiedini, ad ogni serie di citazioni a sostegno di un’idea, infilzate l’una dietro l’altra per preparare lo spiedino di mio gradimento posso affiancare o contrapporre un’altra “antologia” di testi che a me possono risultare indigesti mentre invece soddisfano appieno le aspettative di qualcun altro.

Ho sperimentato questa situazione al termine di una conferenza sulla violenza nella Bibbia. Avevo presentato due serie di citazioni, una “buona e pacifista” l’altra che proclamava e imponeva la violenza. Mi ero permesso di definirla “cattiva”, al che una signora tra il pubblico (nota per le sue idee politiche) ha reagito ad alta voce dicendo: “Per me, è buona!”.

Ciò non significa che ognuno può far dire alla Bibbia quello che gli piace. Questa raccolta di scritti così eterogenei ha un suo significato al di là delle interpretazioni che se ne possono dare. È arbitrario fare come i pescatori della parabola raccontata da Gesù (Matteo 13,47-48), i quali selezionano i pesci buoni illudendosi di aver pescato solo quelli perché hanno fatto sparire gli indesiderati.

Vediamo allora di completare il “menu” del Siracide per renderci conto del suo vero pensiero su questo aspetto così importante della vita, com’è un cibo sano e gustoso, in giusta quantità, condiviso con amici in un’atmosfera di gioia e di festa ma sullo sfondo di una realtà tanto diversa dall’ideale sognato.

 Lo “spiedino penitenziale”.

In tutte le tue opere ricordati della tua fine […]
                            (Siracide 7,36a)
Ricordati che la morte non tarderà […]
Ogni corpo invecchia come un abito,
è una legge da sempre: «Devi morire!».
                            (Siracide 14,12a.17).

Abbiamo infilato nello spiedo il primo bocconcino che comunica il suo sapore a tutti gli altri. Il pensiero della morte deve essere sempre presente nelle scelte dell’uomo ma le può condizionare in due direzioni. La prima è quella dei gaudenti espressa molto bene nel canto dei clerici vagantes del Medioevo “Gaudeamus igitur juvenes dum sumus”. La seconda è quella che anticipa lo squallore e il disfacimento della condizione finale estendendoli alla vita intera e trasformandoli in ideale di santità.

Non ci vuole molto a capire come le scelte contrapposte siano ambedue irrazionali anche se praticate in larga scala. La prima, etichettata come peccaminosa e additata al pubblico disprezzo, è però la più seguita appena se ne abbia l’occasione. La seconda, esaltata come modello di virtù, è la condizione normale di vita di milioni di persone che cercano con ogni mezzo di venirne fuori. Gli stessi teorici delle rinunce e delle privazioni spesso si guardano bene dal verificare nella propria vita la validità delle loro elucubrazioni.

Il Siracide non teme di guardare in faccia la realtà complessa e di suggerire comportamenti ispirati dalla razionalità: non rifiutare le gioie della vita ma agire rispettando le esigenze della natura nei confronti di se stessi e degli altri. Continuiamo ad infilare i bocconcini scelti per dimostrare che il nostro autore è esigente e severo fino ad essere intransigente nei giudizi su comportamenti anche se accettati e praticati dalla maggioranza “benpensante” del suo tempo.

                          Non ti abbandonare alla tua passione,
                          perché il tuo vigore non venga abbattuto come un toro;
                          divorerà le tue foglie e tu perderai i tuoi frutti,
                          e ti ridurrà come un legno secco.
                                        (Sir 6,2-3)
                          Non disprezzare il lavoro faticoso,
                          in particolare l’agricoltura che Dio ha istituito.
                                        (Sir 7,15)
                          Non perderti dietro alle prostitute,
                          per non dissipare il tuo patrimonio.
                                         (Sir 9,6)
                          Non ti vantare per le vesti che indossi
                          e non insuperbirti nel giorno della gloria,
                                        (Sir 11,4)
                          [Chi dice] «Ho trovato riposo,
                           ora mi ciberò dei miei beni»,
                           non sa quanto tempo ancora trascorrerà:
                           lascerà tutto ad altri e morirà.
                                        (Sir 11,19)
                          Fa’ doni all’uomo buono e non dare aiuto al peccatore.
                                        (Sir 12,7)
                          Ricòrdati della carestia nel tempo dell’abbondanza,
                          della povertà e dell’indigenza nei giorni della ricchezza.
                                        (Sir 18,25)
                          Non seguire le passioni,
                          poni un freno ai tuoi desideri.
                          Se ti concedi lo sfogo della passione,
                          essa ti renderà oggetto di scherno per i tuoi nemici.
                          Non rallegrarti per i molti piaceri,
                          per non impoverirti con i loro costi.
                          Non ridurti in miseria per i debiti dei banchetti,
                          quando non hai nulla nella borsa,
                          perché sarà un’insidia alla tua propria vita.
                                        (Sir 18,30-33)
                          Regali e doni accecano gli occhi dei saggi,
                          come bavaglio sulla bocca soffocano i rimproveri.
                                        (Sir 20,29)
                          Le prime necessità della vita sono acqua, pane e vestito,
                          e una casa che protegga l’intimità.
                          Meglio vivere da povero sotto un riparo di tavole,
                          che godere di cibi sontuosi in casa d’altri.
                          Sii contento del poco come del molto,
                          e non ti sentirai rinfacciare di essere forestiero.
                                        (Sir 29,21-23)
                          Amarezza dell’anima è il vino bevuto in quantità,
                          con eccitazione e per sfida.
                          L’ubriachezza accresce l’ira dello stolto a sua rovina,
                          ne diminuisce le forze e gli procura ferite.
                                        (Sir 31,29-30)

… e si potrebbe continuare

Allo spiedino godereccio ne ho affiancato uno “penitenziale” che abbraccia anche altri aspetti della vita oltre a quelli legati ai piaceri della tavola. Non ho esaurito le possibili citazioni che hanno in comune un elemento fondamentale: la valutazione dei comportamenti umani è basata sui vantaggi che ne derivano o sugli insuccessi a cui conducono. Il Siracide non ricorre a principi ascetici per convincere i suoi lettori a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro.

È significativa la motivazione portata per convincere i lettori a non frequentare le prostitute: “per non dissipare il tuo patrimonio” (9,6). Uguale attenzione è richiesta nell’organizzare feste: “Non ridurti in miseria per i debiti dei banchetti, quando non hai nulla nella borsa” (18,33). Così la sobrietà nel cibo è suggerita per evitare disturbi del fegato e notti insonni (31,20). L’ironia sferzante contro chi si crede grande per la ricchezza dei vestiti che indossa (11,4) si trasforma nell’elogio stucchevole dei paramenti sacri indossati dal Sommo Sacerdote Simone (50,5-21) con una descrizione che sembra il risultato di un “copia e incolla” da una rivista di alta moda.

Tutti gli argomenti affrontati dal Siracide sono presentati da una duplice prospettiva, motivata dall’esperienza e guidata da una convinzione profonda: “Le opere del Signore sono tutte buone” (39,33), “Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all’altra […] L’una conferma i pregi dell’altra […]” (42,24a.25a). “Non bisogna dire: «Che cos’è questo? Perché quello?»” (39,17a.21a; cf 39,34a) – afferma il Siracide – convinto che “Tutto […] è stato creato per uno scopo preciso” (39,21b) e “al tempo giusto sarà riconosciuto buono” (39,34b).

Può sembrare un ottimismo ingenuo mentre invece nasce dall’osservazione di quanto accade se si va oltre un giudizio immediato dovuto ai limiti della ragione umana. Il nostro autore lo dichiara apertamente: “Di questo ero convinto fin dal principio, vi ho riflettuto e l’ho messo per iscritto” (39,32). Per questo può presentare i diversi aspetti della vita attraverso le loro manifestazioni contrastanti. Basti pensare per esempio al modo con cui descrive le donne, l’educazione dei figli, i rapporti tra le persone, i medici, i mestieri, i sogni.

Ci sarebbe materiale abbondante per confezionare spiedini a volontà secondo i propri gusti. Lo si fa, purtroppo, ma per favore non si dica che il Siracide è un antifemminista misogino perché ha scritto: “Non c’è ira peggiore di quella di una donna [,..] Motivo di sdegno, di rimprovero e di grande disprezzo è una donna che mantiene il proprio marito” (25,15b.22), ma non lo si descriva nemmeno come un libertino perché ha anche scritto: “Colonne d’oro su base d’argento sono gambe graziose su solidi piedi” (26,18) e “La bellezza di una donna allieta il volto e sorpassa ogni desiderio dell’uomo” (36,24).
 
 

 

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