CRONACHE INCREDIBILI
Le soffitte, si sa, possono
conservare tesori che fanno la fortuna di chi li trova. Si tratti di un
Caravaggio sconosciuto, di un Rembrandt o di una raccolta di monete antiche, chi
se li trova tra le mani ha sempre l’impressione di aver fatto una scoperta
sensazionale.
Io non ho provato questa emozione
quando mi sono imbattuto in una cartella che conteneva fogli ingialliti di
vecchi giornali raccolti chi sa da chi, chissà quando e chissà perché. Però ad
un giornalista in pensione quel ritrovamento ha ridestato la curiosità non
ancora sopita di scoprire il motivo che aveva spinto un ignoto collega a
conservare pagine isolate di quotidiani con notizie di cronache di altri
tempi.
UN APPARTAMENTO
ALLAGATO
Il signor Filippo Del Buono era
uscito per la solita passeggiata pomeridiana senza sapere che cosa lo attendeva
al suo rientro a casa: avrebbe trovato l’appartamento completamente allagato.
“Devo aver dimenticato aperto il rubinetto del bagno” ha pensato il signor
Filippo che si è subito precipitato, sguazzando nell’acqua, a porre fine al
disastro. Ma tutto era in ordine. “Forse la lavatrice si è guastata”. No, era
perfettamente in ordine. Entrato in camera da letto si accorse che l’acqua
proveniva dal soffitto. Il guasto doveva essersi verificato nell’appartamento del piano
superiore.
Intanto il signor Filippo incominciò
a cercare di eliminare l’acqua dal suo parquet di legno pregiato, mettendo in
salvo i tappeti, isolando i cavi elettrici, asciugando le basi dei mobili. Era
un’emergenza che richiedeva interventi immediati, senza andare troppo per il
sottile. Non bastando gli stracci ad assorbire l’acqua, anche abiti vecchi in
disuso fecero un ottimo servizio. Venne poi il turno dei secchi e delle
bacinelle per raccogliere l’acqua che continuava a scendere abbondante dal
soffitto. E incominciarono le corse per svuotare i recipienti che si rivelarono
insufficienti per ricevere le sorgenti sempre più
numerose.
Con una corsa veloce al supermercato
sotto casa il signor Filippo svuotò i magazzini di ogni recipiente di metallo e
di plastica in grado di contenere acqua. Era diventato difficile camminare per
casa facendo slalom tra secchi e bacinelle che ricoprivano tutti i pavimenti, ma
almeno si poteva sperare di stare un po’ all’asciutto.
Il signor Filippo Del Buono, fedele
al suo nome era anche zoofilo, amante non solo dei cavalli ma di ogni essere
animato. Però trasformare il suo appartamento in uno stagno per ospitare le rane
gli sembrava decisamente troppo. Non se la sentiva. E intanto l’acqua continuava
implacabile a scendere dall’alto come ai tempi di Noè.
La sorpresa, l’urgenza dei primi
provvedimenti, i pensieri confusi avevano impedito di fare la cosa più ovvia:
telefonare all’inquilino del piano di sopra pregandolo di chiudere il rubinetto
del bagno. O, meglio ancora, suonare alla sua porta e metterlo al corrente di
cosa stava succedendo.
È quanto finalmente ha fatto il
signor Filippo. Inutilmente. L’inquilino, un certo signor Renato Da Lungi,
risultava introvabile. Intanto tutto il condominio era venuto a conoscenza del
caso e tutti esigevano che venisse risolto al più presto, anche a costo di
sfondare la porta dell’appartamento. Ma il signor Del Buono, fedele al proprio
nome, era riluttante non volendo danneggiare nessuno, disposto a rinunciare alle
proprie comodità pur di non recare fastidio al prossimo.
Ma quando il caso venne a conoscenza
dei carabinieri e della polizia municipale l’intervento diventò inevitabile.
Accertata l’urgenza della situazione si giunse alla decisione di intervenire con
la forza nell’appartamento dove si era originato l’incidente, nonostante
l’opposizione ostinata del signor Del Buono.
Sotto il controllo vigile delle
autorità competenti, un fabbro fece saltare la serratura. Nuova sorpresa: la
porta era blindata. Per poter entrare si dovette intervenire in modo massiccio
demolendo praticamente tutta la struttura con danni
gravissimi.
E la cosa non finì lì. Il rubinetto
era chiuso e la perdita risultò causata da una rottura della tubatura
all’interno del muro. Le spese per riparare i danni salirono alle stelle e
furono la causa delle denunce che portarono in tribunale i proprietari dei due
appartamenti.
La causa verrà discussa il
giorno…….”
Data, luogo, titolo del quotidiano
erano assenti o illeggibili, ma sono da considerarsi insignificanti di fronte
alla vicenda raccontata con un certo compiacimento dal corrispondente di
cronache giudiziarie che ci presenta uno spaccato di vita piuttosto
inquietante.
Il secondo foglio di giornale
riportava la cronaca di un fatto che sembrava provenire
da un mondo di alieni, tanto era allucinante.
LA CURVA
MALEDETTA
Gli incidenti, per lo più mortali,
che si erano verificati in quella curva non si potevano contare. Non passava
settimana che qualcuno non finisse fuori strada spesso con conseguenze
drammatiche. Il luogo isolato, lontano da centri abitati rendeva molto difficile
un pronto intervento delle unità di soccorso che a volte giungevano quando ormai
non c’era più nulla da fare per le vittime se non certificarne il
decesso.
Per limitare il più possibile i
danni provocati da questa situazione incresciosa un gruppo di giovani, già
impegnati come volontari in attività assistenziali, ha deciso di creare un
presidio stabile nei pressi della “curva maledetta” per garantire un intervento
immediato appena verificato l’incidente. La drastica riduzione dei tempi per il
ricovero nelle strutture ospedaliere ha contribuito in misura notevole ad
abbassare in modo significativo il numero dei decessi.
Il ripetersi degli incidenti, con
tendenza alla crescita numerica e alla gravità degli stessi, ha convinto i
volontari che il loro servizio era ancora inadeguato e che sarebbe stato
necessario fare un passo ulteriore per dare una risposta soddisfacente alle
nuove esigenze. Il passaggio dalle idee ai fatti è stato molto breve.
Grazie alla collaborazione di
architetti, imprenditori, finanziatori privati ed enti statali, superando anche
con lodevole rapidità le pastoie burocratiche si è giunti così all’inaugurazione
di un Centro Traumatologico Infermieristico Onnicomprensivo Locale (Ce.Tr.I.O.L.), vero gioiello che unisce competenza,
efficienza, modernità, ricerca scientifica, accoglienza e, soprattutto,
interventi immediati sul luogo degli incidenti. L’azzeramento dei tempi di
trasporto degli incidentati è forse l’aspetto più interessante della nuova
struttura, quando si pensa alle attese interminabili precedenti, sempre troppo
lunghe nonostante l’intervento dell’elisoccorso.
Può forse sembrare irriverente, ma
si potrebbe dire prendendo in prestito una nota pubblicità: “Dal produttore al
consumatore” visti i pochi metri della pista ampia e comoda che unisce la “curva
maledetta” all’ingresso del CeTrIOL. Anche l’invito a
preferire i prodotti “A kilometro zero” impallidisce di fronte all’abbattimento
completo delle distanze ottenuto dalla nuova struttura.
Gli automobilisti e i “centauri” che
percorrono questo tratto di strada che destava tante preoccupazioni possono ora
viaggiare tranquilli. Qualunque cosa accada non ci saranno più attese lunghe e
strazianti ma troveranno subito infermiere premurose, graziose ed esperte che li
accoglieranno.
L’inaugurazione del CeTrIOL avverrà alla presenza delle Autorità civili,
militari e religiose e dei rappresentanti delle Forze dell’ordine giovedì p. v.
nelle ore di maggior traffico (durante le quali, anche se non programmata, è
possibile una dimostrazione pratica dell’efficienza della nuova
struttura).
A questo punto ho chiuso la
cartella, tormentato da un dubbio atroce: Non sarebbe stato più semplice
correggere o eliminare quella curva maledetta?
Ma poi mi è frullato per la testa un
pensiero cattivo e maligno, che più maligno non si può: se si eliminava la
curva, che cosa avrebbero fatto i volontari? E gli architetti e i donatori e i
dottori e gli specialisti e i giornalisti e gli opinionisti? E chi si sarebbe
scomodato per inaugurare una curva eliminata?
E il pensiero si è fatto ancora più
maligno suggerendomi diabolicamente che quella si fosse trasformata in una
“curva benedetta”, fonte inesauribile di ricchezza, onore, gloria e notorietà (a
scalare) per tutti gli operatori di quella struttura d’avanguardia, frutto e
vanto del genio italico.
Ma forse quella soffitta e quei
giornali non sono mai esistiti, sono stati solo un incubo che mi perseguita, proveniente da un mondo di
alieni.
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