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Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

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sabato 13 settembre 2014

ANCORA SU BIBBIA E VIOLENZA


Non ricordo quante volte ho scritto e parlato su questo tema. Evidentemente non tutti hanno letto o mi hanno sentito, perché continuo a leggere e sentire affermazioni del tipo “Anche la Bibbia è violenta!” quando si accenna alle istigazioni alla violenza presenti nel Corano. Come se, anche ammesso che la Bibbia esiga da noi, oggi, dei comportamenti aggressivi e dei massacri di innocenti, sia questo un motivo sufficiente per giustificare quanto avviene non molto lontano da noi.


Ma in realtà la Bibbia non inculca la violenza come un precetto divino, anzi condanna in modo totale ogni genere di sopraffazione anche se non giunge alla soppressione fisica del nemico. Addirittura la Bibbia indica l’amore come l’ideale che deve ispirare i rapporti con tutte le persone.

Certamente le pagine che noi consideriamo ispirate (non dettate!) da Dio contengono racconti di una violenza inaudita che fanno rabbrividire. Certamente le stragi dei nemici sono presentate come esecuzione di un ordine divino. Certamente quando gli Israeliti risparmiano i nemici sono puniti per una disobbedienza considerata una ribellione molto grave ai voleri della divinità.

Tutto vero. Non ci vuole molto a comporre un’abbondante antologia di testi, soprattutto dell’Antico Testamento, che presentano queste caratteristiche. Però sono racconti che troviamo quasi in fotocopia negli scritti dei popoli in mezzo ai quali vivevano gli Ebrei, che condividevano convinzioni religiose, abitudini e comportamenti comuni alle civiltà con cui erano in contatto.

Tra queste convinzioni spiccava quella di attribuire al dio nazionale la responsabilità di difendere il suo popolo anche con l’eliminazione fisica dei nemici. E poiché ogni popolo aveva un dio proprio, la guerra tra popoli era considerata guerra tra dèi. Forse qualcuno sarà sorpreso di trovare questa mentalità anche nelle pagine bibliche. Però è un dato di fatto che richiede di essere capito e non semplicemente ignorato perché ritenuto scomodo.

VENIAMO A NOI

Questa lunga premessa per giustificare la mia sorpresa quando in una recente trasmissione di Rai 2 ho sentito un rappresentante di una certa intellighenzia culturale che va per la maggiore, citare il v. 9 del Salmo 137, quello famoso che riporta la preghiera di alcuni Israeliti esuli a Babilonia, per dimostrare che la Bibbia è violenta.

Non cercate quel versetto nella raccolta dei Salmi per la preghiera dei sacerdoti, dei religiosi e anche dei laici impegnati. Non lo troverete. È stato tralasciato (direi: censurato) perché è stato letto dai liturgisti con la stessa mentalità del guru intervenuto a Rai 2, cioè come espressione di una volontà divina che incita alla violenza più spregevole, contro bambini innocenti. E questo dava fastidio alla nostra sensibilità raffinata.

È il segno preoccupante di un certo modo di leggere la Bibbia con i paraocchi di una cultura diversa dalla propria senza avere il coraggio di affrontare un testo per quello che è e per quello che comunica. Nel caso specifico, e in altri casi analoghi, lo si è fatto per “difendere la Parola di Dio”. In realtà si ricorreva ad un sotterfugio maldestro che finiva per diventare un ostacolo in più per capire e accettare il messaggio di Dio rivolto a noi.

Basta leggere un’altra pagina della Bibbia, il capitolo 29 del libro di Geremia, dove il profeta riferisce agli stessi Israeliti esiliati a Babilonia, un’esortazione presentata come esplicita volontà del Dio di Israele “Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare. Pregate il Signore per esso, perché dal suo benessere dipende il vostro benessere” (v. 7). Il paese in questione è proprio Babilonia.

Non facciamo difficoltà a leggere questa espressione come parola di Dio. Ma anche il v. 9 del Salmo 137 lo è, per la nostra fede! Come si può spiegare?

La risposta in un prossimo post. Per ora mi basta sottolineare l’attualità scottante di questa “Parola” se avessimo il coraggio di annunciarla nella sua interezza e ragionevolezza agli stranieri che, oltre tutto, non abbiamo deportato come prigionieri nei nostri paesi.


Senza volerlo, mi sono riagganciato al post precedente. A dimostrazione di come i problemi si rincorrono ma anche di come sono legati da un unico filo conduttore. Basta trovare il bandolo della matassa e tutto può diventare comprensibile e ragionevole.

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