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Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

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domenica 11 maggio 2014

LA BIBBIA: TUTTE "STORIE"?

CONOSCIAMO LA BIBBIA

LA BIBBIA: TUTTE “storie”?

Ho ripreso il titolo dal mensile “Selezione” del mese di luglio di quest’anno (pag. 50), ma con una leggera (proprio leggera?) modifica: il punto interrogativo là si trova dopo “Bibbia”.
Evidentemente il significato della domanda cambia in modo radicale. Per Selezione i racconti della Bibbia sono tutte “storie” nel senso di invenzioni, frutto di pura fantasia. L’articolo che segue vuole essere la spiegazione di un’affermazione che ha fatto sobbalzare molti lettori, abituati a considerare la Bibbia come fonte sicura non solo di fede ma anche di ogni tipo di conoscenza.
Il nostro titolo si pone la domanda in modo più problematico e, vorrei dire, più serio. Ci chiediamo se tutto ciò che è contenuto nella Bibbia sia da considerarsi frutto di fantasia o se invece non vi siano degli elementi che hanno legami solidi con la storia, con le scienze naturali o umane, con le letterature degli altri popoli di quell’epoca antica.
L’occasione per l’articolo di Selezione è stata fornita da un volume scritto da Mario Liverani, docente presso l’Università La Sapienza di Roma, dal titolo “Oltre la Bibbia”. Il volume è diviso in due parti. La prima ricostruisce l’ambiente e la storia del Vicino Oriente Antico a partire dai dati forniti dalla ricerca storica e archeologica, ed è intitolata: Una storia normale. La seconda parte è messa sotto il titolo: Una storia inventata. Il contenuto di questa parte è quasi unicamente desunto dalla Bibbia e riguarda le vicende dei Patriarchi, la conquista della Terra promessa, la monarchia, il tempio, la Legge. Ognuno di questi argomenti è sempre preceduto dalla parola: invenzione.
L’accostamento delle due parti spinge inevitabilmente il lettore alla conclusione sintetizzata nel titolo dato da Selezione: La Bibbia? Tutte “storie”.
Dopo aver letto il libro di Liverani e lo stesso articolo del mensile, devo dire che le affermazioni dello studioso di storia non sono poi così generalizzate come sembrerebbe. Chi conosce la Bibbia sa benissimo che è composta di diverse sezioni e che i libri cosiddetti “storici” costituiscono soltanto una parte della Scrittura sacra. Ci sono anche i libri dei profeti e quelli cosiddetti “sapienziali”. Liverani considera “inventati” soprattutto quelli catalogati come “storici” mentre riconosce valore testimoniale agli altri che spesso cita come fonti autorevoli di notizie.
Ma dall’articolo di Selezione si ricava un’impressione a dir poco disastrosa, quando si leggono a chiare lettere affermazioni del tipo: “leggende sui Patriarchi”, “l’invenzione della conquista”, “Saul, Davide e Salomone possono essere esistiti”, “Mosè è leggenda, e anche relativamente tardiva”.
Purtroppo i lettori di Selezione non andranno tutti a consultare il ponderoso volume (510 pagine) di non facile lettura e rimarranno con l’impressione (non giustificata) lasciata dall’articolo.
Ma anche chi si avventura a leggere il testo in questione non riuscirà facilmente a sottrarsi a forti dubbi sulla credibilità della Bibbia suscitati dall’impostazione data dal Liverani al suo lavoro. In realtà i dubbi dovrebbero essere spostati proprio sul libro in questione.
La contrapposizione delle due parti, tra storia “vera” e storia “inventata” non è fatta su basi scientifiche ma ideologiche. L’interpretazione dei testi biblici su cui Liverani fonda le proprie argomentazioni spesso è frutto di supposizioni ricavate da ragionamenti di tipo sociale. Soprattutto si ha l’impressione che l’autore ignori, o trascuri coscientemente, gli aspetti letterari che sono alla base dei testi biblici.
Affermare che questi racconti sono stati inventati (proprio nel senso di creati dal nulla) per giustificare particolari situazioni di rapporto con altre popolazioni, nel secolo V-IV a. C. significa non tener conto delle caratteristiche letterarie dei racconti. Oggi gli esegeti concordano che la stesura definitiva dei testi biblici è da ricondursi all’epoca indicata da Liverani e forse anche ad epoca più recente. Ma la lettura attenta dei testi rende evidente la presenza di elementi narrativi molto più antichi del tempo in cui i testi che li inglobano hanno assunto la loro forma attuale. E spesso si tratta di particolari in contrasto con le leggi vigenti allora, o di comportamenti desueti che avrebbero potuto creare disagio ai lettori se non fossero già appartenuti ad una lunga tradizione orale che li aveva, in qualche modo, resi innocui.
Chi inventa di sana pianta una storia, pur con le migliori intenzioni di questo mondo, non crea difficoltà nei lettori ma cerca di evitare ogni elemento fuorviante dal raggiungimento dello scopo che si propone. Non è questa la situazione letteraria dei racconti sui Patriarchi, né su quelli riguardanti Mosè, né su quelli della conquista, né sul periodo dei Giudici, tanto meno sulla storia di Davide e di Salomone. Questi racconti sono pieni di contraddizioni, di ripetizioni, di presentazioni negative dei protagonisti affiancate ad esaltazioni elogiative degli stessi personaggi.
Strano modo di inventare storie a sostegno della propria ideologia, fornendo agli avversari che si vorrebbero combattere argomenti formidabili contro le proprie tesi! Che si siano raccolte tradizioni antiche per rinsaldare l’unità nazionale e spiegarne le origini non significa che tutto ciò sia nato dal nulla. Il materiale raccolto esiste, e sono i libri della Bibbia. La spiegazione che Liverani suppone per la loro origine ci sembra poco probabile e inaccettabile.
Segnalo, a conclusione, una lunga recensione molto severa (quasi una stroncatura) pubblicata su una rivista scientifica specializzata in studi storico-filologici sull’ebraismo, pubblicata dall’Università di Torino, a firma di A. Rofé di Gerusalemme, che evidenzia molti punti deboli del libro di Liverani insieme a diverse inesattezze.
Con questo non si vuol dire che i racconti biblici vadano presi come verità storica assoluta e nemmeno che le tradizioni, solo perché antiche, siano certamente vere. Ho voluto solo richiamare ad un senso critico serio che prescinda, per quanto possibile, da impostazioni ideologiche che, ahimè, hanno condizionato pesantemente il nostro testo per confessione esplicita dell’autore. Proprio nell’ultima pagina del volume, egli afferma: “Questo libro è stato scritto nel 2001-02, da un autore nato nel 1939 e la cui metodologia storica si è formata negli anni 1965-75. Sarebbe diverso se queste date slittassero indietro o in avanti di cinque o dieci anni”.
Chi ricorda che cosa significano le date indicate può avere un riferimento preciso per inquadrare l’ideologia soggiacente al libro di Liverani. Il ’68 è finito da un pezzo, ma le sue conseguenze perdurano ancora e producono frutti che oggi definiremmo ogm (organismi geneticamente modificati).
Giovanni Boggio


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